Löwenthal, il mago dei sentieri: «Il primo l’ho creato a 11 anni»

Il primo sentiero, dice, l’ha creato a 11 anni. Poi non ha più smesso. La rete di sentieri di fondovalle di Arta è un suo orgoglio. I bei cartelli in legno, con i nomi incisi e non dipinti (così non scolorano), sono ovunque, invitano a camminare. «Ci sono 16 percorsi per oltre 40 chilometri, volendo si può fare un grande anello» spiega Mauro Löwenthal, origini triestine ma cresciuto qui, a Piano d’Arta dove la famiglia aprì un albergo il 12 aprile 1951. «Oasi lo chiamò mia madre, perché allora qui non c’era nulla: né corrente elettrica, né strada. Certo, Arta era una stazione termale fin dall’Ottocento, i benefici dell’acqua Pudia conosciuti fin dall’epoca romana. Però per lo sviluppo turistico moderno siamo stati dei pionieri».

Così è anche accaduto per i sentieri. Mauro si accorge che i vecchi “troi” che collegano i borghi prima delle strade asfaltate stanno scomparendo perché non servono più, nessuno più li percorre. Il bosco se li è ripresi. Siamo alla metà degli anni Ottanta. I percorsi per le escursioni sulle montagne c’erano, se ne occupavano gli Amici della Montagna (Adm) e il Cai, ma Mauro, che ama andare a piedi, intuisce che c’è bisogno di sentieri anche a fondovalle. «Ho pensato che avrei voluto portare i clienti del mio albergo a camminare partendo da qui, dal paese». Oggi dal Park Hotel Oasi, che gestisce con la moglie Gabriella e due dei tre figli – Giovanni è lo chef, poi c’è Giorgia – e tanti collaboratori, partono escursioni per conoscere gli alberi, le piante officiali, i funghi, visitare le pievi, immergersi nel paesaggio dimenticandosi del traffico. «In pochi minuti da qui si entra in paradiso». È vero: il “Troi sot da mont”, per esempio, è un magnifico cammino immerso nel bosco che si mantiene alto sopra Arta e offre scorci impagabili. La manutenzione è impeccabile. Ma costa fatica. È lavoro manuale. «Pala, piccone, rastrello, anche la motosega quando serve: dopo i disastri prodotti dall’uragano Vaia, ne abbiamo dovuti tagliare tanti di alberi abbattuti che ostruivano i sentieri». Appena ha un po’ di tempo libero, Mauro parte e va a esplorare i suoi “troi”. Li accudisce come un padre. «Mia moglie mi dice che ci tengo troppo». Perché capita anche che si arrabbi. «Ho speso anni solo per recuperare gli antichi nomi. Ho ricevuto tante medaglie, ma niente manodopera. Ho mappato i percorsi perché diventassero patrimonio di tutti, ma sto ancora aspettando che vengano inseriti nelle mappe comunali. Non piacciono a tutti: essendo quasi tutti su terreni privati, a qualcuno disturba che ci sia passaggio perché non riconosce il valore del muoversi a piedi. Invece secondo me i sentieri valorizzano la proprietà in un luogo turistico, soprattutto ora che le terme non rappresentano più l’attrattiva esclusiva di un tempo, e che il Covid ci ha più che dimezzato le presenze. Qui si viene per camminare». —



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