Mansutti: «Abbiamo tutti voglia di altrove»

L’attrice friulana Maria Sole debutterà venerdì 4 al Castello di Spessa con un’edizione originale del “Sogno” scespiriano
Di Gian Paolo Polesini

Va a finire che la vita ti porta dove vuole lei e soprattutto nei luoghi del lavoro. Non abbondano, eh. Magari. C’è una comprensibile limitazione di location generose, imputabile alla «miseria» dei tempi. Maria Sole Mansutti la definisce così, nei modi dei nonni. «Crisi è parola talmente strizzata da non fare nemmeno più effetto». Lei è un’attrice, friulana-friulana, forzatamente nomade. Roma-Milano, andata e ritorno, con deviazioni frequenti verso Udine. «Farei più cose in patria, ma le occasioni latitano, come d’altronde nel resto d’Italia. Certo, la capitale è più ricca di una Milano, per esempio. Diciamo che sotto la Madonnina spadroneggiano le famiglie, nel senso di nuclei compatti con scarse aperture, mentre accanto al Colosseo si respira di più».

Mansutti - cinema, teatro e negli ultimi spot testimonial Vodafone - a forza di evocarla, l’occasione per saltare su un palcoscenico di casa sua, è riuscita a trovarla con la complicità del Piccolo Festival (4-27 luglio) approfittando della sezione “Opere da sogno”. E così Maria Sole, assieme a Luciano Roman, debutterà venerdì 4, alle 20.30, al Castello di Spessa a Capriva con il Sogno di una notte di mezza estate con musiche di Mendelssohn interpretate dall‘Orchestra dell’Accademia Musicale di Schio, dal Piccolo Coro Artemia di Torviscosa, dal soprano Yasko Fujii, dal mezzosoprano Cecilia Bernini, tutti sotto la guida della bacchetta del maestro Eddi De Nadai. Lo sguardo globale sarà quello dell’avventuriero Giacomo Casanova, che proprio quella sera celebrerà se stesso.

Parla che ti parla vien fuori che Mansutti divenne il mitologico Puck di scespiriana memoria al solito Palio, una specie di Cape Canaveral per tutti quelli che, in seguito, se la sono svignata altrove per fare teatro sul serio. «Questa messinscena - vorrei chiarirlo - è una lettura musicata. Noi due ci divideremo in amicizia un bel po’ di personaggi, anche osando io con uomini e Luciano con femmine». È forse la commedia più rivisitata della storia. La si è vista nei migliori travestimenti possibili. «In realtà è un fantasy e conserva da sempre un potenziale onirico pazzesco. La gente ha bisogno come il pane di uscire dal guscio e volare via. Anche io, se è per questo. La mia scaletta è chiara. Finché sono giovane cerco i viaggi scomodi, appena arriverò in zona sessanta mi dedicherò alle capitali e ancora più in su, verso gli ottanta, mi limiterò ad Arezzo, Ravenna, posti adatti alla visita col bastone».

Si accennava poc’anzi a un cielo grigio sopra noi. «Il giro si è allentato, i big devono lavorare e a quelli la parte è offerta; il resto della truppa aspetta. Ogni tanto sbatti il muso su qualcosa di piacevole, per carità. Sono reduce da una cinque giorni sul set di Alaska di Claudio Cupellini con Elio Germano e Valerio Binasco. Butta via!».

Altro sta montando in padella. «Il progetto è almeno originale. Curiosiamo con delicatezza negli universi poco frequentati di badanti e badati, evitando le solite tiritere degli amori per interesse e cronaca spicciola ben lontana da un possibile sposalizio artistico. Vorremmo capire se gli anni passati a sopravvivere hanno un valore oppure sarebbe meglio chiuderla prima. Ci proviamo». Ma la Crisi, che Maria Sole evita, le capiterà di affrontarla. Sottoforma di comedy, per fortuna, «fuoriuscita da un training di scrittura del romano teatro Valle». Destino.

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