Al Maurensig il celebre trombettista Paolo Fresu con un omaggio all’America Latina
L’appuntamento con “Trama Latina” mercoledì 16 aprile alle 20.30 a Feletto Umberto. «In Friuli mi sento a casa»

Un omaggio all’America Latina e ai suoi grandi compositori e interpreti: per la prima volta dal vivo “Trama Latina”, il nuovo progetto del celebre trombettista sardo Paolo Fresu, in trio con il cantante belga David Link e il pianista argentino Gustavo Beytelmann va in scena mercoledì 16 aprile alle 20.30 al Teatro Paolo Maurensig di Feletto Umberto (Tavagnacco), ultimo appuntamento della stagione per la Fondazione Luigi Bon, in collaborazione con Simularte.
«In Friuli sono a casa, soprattutto a Udine – racconta Fresu – vado spesso a registrare in studio da Stefano Amerio. E negli ultimi mesi sono passato al Rossetti con “Kind of Miles”, poi con Bollani All Stars e con la residenza a Gorizia, dove ho respirato l’aria di confine che mi affascina sempre».
Torna con “Trama Latina”, di cosa si tratta?
«È in assoluto la prima mondiale di un progetto che si ispira alla poetica latino-americana, l’album registrato proprio da Amerio uscirà nei primi mesi del 2026, con la voce di Link, un amico con cui ho già fatto diversi dischi e un musicista raffinato come Beytelmann (era il pianista di Piazzolla). “Trama Latina” perché ha a che fare con il continente sudamericano, con riferimenti al tango, alla milonga, con brani composti anche da noi, testi sia in spagnolo che in altre lingue (io ho scritto un testo in sardo, oppure ce n’è uno in fiammingo)».
Nella sua carriera la musica latina che ruolo ha avuto?
«Per noi che amiamo lo sviluppo armonico, della melodia, la musica latina è una fonte inesauribile di suggerimenti, io avevo già realizzato un album come “Tango Macondo”, coinvolgendo le voci di Elisa, Tosca, Malika Ayane; il tango in qualche modo è anche parte del mondo del jazz. E poi c’è tutto il suono dall’Uruguay, dal Brasile, la musica messicana, venezuelana».
Di recente ha tenuto un concerto per la pace a Kiev, com’è andata?
«Un’esperienza molto forte, una cosa è apprendere delle guerre dai media, altra è viverle dall’interno. Kiev è la porta dell’Ucraina in cui si intravede la situazione che in altri luoghi è decisamente più tragica, c’è il coprifuoco, gli allarmi aerei sono frequentissimi, abbiamo passato una notte in un rifugio perché arrivavano dei droni o missili balistici, ogni giorno tornano i morti dalle trincee e mi sono trovato ad assistere a uno di questi terribili momenti».
La pace è davvero un valore condiviso?
«Quando ho postato sui social il diario di quello che avevo visto molti hanno ringraziato ma altri mi hanno contestato per essere andato lì. La rete è uno strumento straordinario ma offre una democrazia discutibile che si riempie di fandonie. Credo che ognuno possa dare un piccolo contributo per la pace, noi lo facciamo attraverso la musica, un linguaggio universale».
In questi giorni presenta la 38esima edizione del suo festival estivo “Time in Jazz” a Berchidda.
«Quest’anno abbiamo scelto “What a Wonderful World”, un tema legato al brano di Louis Armstrong che ha un testo molto positivo e colorato, uno spunto per riflettere su questo momento tragico in cui il mondo sembra in bianco e nero, ma il colore c’è ed è necessario trovarlo. Dobbiamo far sì che l’arte non sia solo uno strumento estetico, ma di costruzione, con cui tessere - appunto - trame».
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