Al Miami Film Festival la prima mondiale di “Zoe”, il film della regista udinese Emanuela Galliussi
Il 4 aprile la proiezione negli città della Florida: «Parla della vita in frantumi di una ragazza che esce da un incubo grazie all’amore»

Qualche buon fotogramma di cinema friulano/statunitense rimbalzerà il 4 aprile sul maxi schermo del “Miami Film Festival” — ritrovo di tradizione con quarantadue anni di storia sul groppone — che ha scelto per la rassegna made in Italy proprio “Zoe” dell’udinese Emanuela Galliussi alla regia (e pure sceneggiatrice) assieme al marito Dean Matthew Ronalds, una produzione “Falling up films”, sempre di proprietà della coppia italo-americana.
La pellicola girata a Udine, Ibiza, Parigi e Londra farà compagnia a “Diamanti” di Ferzan Ozpetek e ad altre opere di matrice tricolore. «Abbiamo chiesto a Ferzan di presenziare alla nostra prima mondiale, speriamo accetti», racconta emozionata Emanuela, ormai tornata alla base, ovvero nella sua Udine, dopo dodici anni di Roma e undici di New York. «Alla fine ho sentito forte l’esigenza di ritrovarmi nel luogo dal quale ero partita. La città è bellissima e solamente quando la rivedi dopo un lungo viaggio scopri quant’è perfetta per viverci».
Chi è Zoe? Le va di svelarla quel tanto che basta per non fare spoiler?
«Lei è una che non molla i suoi sogni ed è l’atteggiamento più corretto nei confronti del destino. Da ragazzina speravo con tutta me stessa di raggiungere Broadway, una meta che allora pareva davvero irraggiungibile. Torno a Zoe. In apparenza è una ragazza con tutti i desideri già svelati e al loro posto: una vita ricca, un’automobile potente, un fidanzato. Una sera il suo uomo, invece di una proposta di matrimonio, le rivelerà di aspettare un bimbo dalla segretaria. E in un millesimo di secondo un’esistenza va in frantumi. Ha capito? Abbandonarsi agli eventi sarebbe naturale, non per Zoe. Complice un piccolo mago — il fantastico appartiene alla commedia romantica — la protagonista avrà l’opportunità di uscire dall’incubo imparando la lingua dell’amore. Meglio fermarsi qui, direi».
Ecco la necessità di tutte quelle location…
«Esatto. Zoe parte, torna a Udine e si risveglia, appunto, a Ibiza, Parigi e Londra sorretta da un aspetto irreale e oltremodo utile per affrontare il futuro. Io e Dean amiamo parecchio il cinematografo di sorpresa capace di scivolare sopra il tempo. Mi viene in mente “Il giorno della marmotta”, una pellicola ricca di genialità dove la giornata di Bill Murray si ripete regolarmente, sempre la stessa».
Lei crede a certi colpi di scena?
«Guai a non farlo. Dicevo prima di Broadway. Quand’ero piccola iniziai con la danza classica e la mecca del musical pareva lontana un miliardo di miglia. Invece poi in America ci andai appena decisi di rompere col passato. Si riempie una valigia e si parte. Fine. Lo stesso schema lo applicai da diciottenne in fuga direzione Roma per entrare all’Accademia d’arte drammatica. Riuscii a oltrepassare quella porta e negli anni con la complicità di Susan Batson, la celeberrima acting coach di Nicole Kidman e di Lady Gaga, raggiunsi ciò che mi ero immaginata».
Secondo lei perché Miami ha scelto voi?
«Non ne ho idea, spero per la piacevolezza e l’originalità del film. Forse mi sono dimentica di dire che “Zoe” è in concorso e gareggia per il “Knight Marimbas Awards” e ciò fa lievitare il valore della proposta. Non è una semplice comparsata, ecco. In realtà spedimmo la pellicola a molti festival e alcuni ci risposero pure, ma quando Miami scoprì le carte non esitammo un nano secondo a dire di sì. Ci sembrò la location più accattivante di tutte, l’unica che calamita le migliori riviste di cinema a cominciare dal mitologico “Variety”.
Facciamo gli affari suoi, Emanuela. Dove ha conosciuto suo marito?
«Nessun mistero. Durante la lavorazione di un film in Africa. Lui mi insegnò l’arte del produrre, che non è un mestiere per nulla facile. È la categoria più infartuata dello spettacolo, lo sa? Comunque noi ci crediamo e anche da Udine possiamo continuare a sognare. In fondo non serve un granché per tirare avanti bene: la salute, be’ è fondamentale, e l’amore. A quel punto non possono e non devono esistere ostacoli. Mi pareva impossibile prendere allora il visto artistico statunitense. Trovai l’avvocatessa giusta che mi disse: “Se tu ci credi, ci credo anch’io e ce la faremo”. Infatti, ce l’abbiamo fatta».
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