Il mito di Béjart danza al Teatro Nuovo, tra fedeltà e interpretazione

Domenica 13 aprile l’esibizione del BBL al Giovanni da Udine. Il coreografo: il suo stile sotto nuove angolazioni

Elisabetta Ceron
Il Duo Béjart Ballet Lausanne - Laurent Philippe: il 13 aprile al Teatro Nuovo di Udine
Il Duo Béjart Ballet Lausanne - Laurent Philippe: il 13 aprile al Teatro Nuovo di Udine

Lo diceva spesso Maurice Béjart di aver avuto nella vita tre grandi maestri: i musicisti, gli scrittori e i danzatori. Senza di lui all’arte del XX secolo sarebbe mancato un prezioso tassello: un secolo che ha indagato da esploratore e da viandante con l’anima del filosofo e il cuore del poeta. Alla scoperta del mondo, ampliando i temi delle sue creazioni, accostandosi a usi e costumi delle civiltà extraeuropee.

A parlarci del coreografo marsigliese e del programma che il Béjart Ballet Lausanne (BBL) porterà al Teatro Nuovo Giovanni da Udine domenica 13 aprile, alle 18, è Julien Favreau, storico danzatore del complesso, alla direzione artistica da poco più di un anno. Sono attesi: Variations pour une porte et un soupir (musica Henry), Duo estratto da Pyramide (musica islamica), Faust (estratto dal balletto Notre Faust, musica Gerardo H. Matos Rodriguez, debutto a Théa tre Royal de la Monnaie a Bruxelles il 12 dicembre del 1976), Danse Grecque (musica Theodorakis), Dibouk (musica ebraica) e il caposaldo di Stravinskij, L’oiseau de Feu. «Il repertorio di Béjart offre una tavolozza infinita di universi coreografici, spiega Favreau, ciascuno con esigenze tecniche ed espressive. Ciò mi permette di creare programmi unici, adattati a ogni luogo e a ogni distribuzione, rimanendo fedele allo spirito di Béjart».

<CF1003>Qual è il modo migliore per rendergli omaggio?

</CF>«Rendere omaggio a Béjart significa trovare un sottile equilibrio tra fedeltà e reinterpretazione. Si tratta di preservarne il messaggio, lo stile e la musicalità, pur consentendo ai ballerini la libertà di interpretazione che tanto apprezzava. Maurice considerava la danza come un dialogo tra la coreografia e l’esecutore: il ballerino è al servizio dell’opera, ma l’opera deve esistere attraverso di lui. L’importante è rispettare l’essenza delle proprie creazioni facendole vibrare nel presente, con l’energia e la sensibilità dei ballerini di oggi».

<CF1003>Come si incarna il suo “teatro totale” in un’epoca come la nostra, che si interroga sulla complessità dell’espressione artistica? </CF>

«Prima di essere coreografo, Béjart è stato un regista e questa dimensione teatrale attraversa la sua opera. Alcuni lavori del suo repertorio portano l’impronta di un’epoca e di uno stile che potrebbero sembrare meno accessibili al pubblico odierno. Il mio ruolo è presentarli da un’angolazione che ne riveli la ricchezza e l’intensità. Ad esempio, selezionando una serie di estratti piuttosto che un’opera completa, sono attento a preservare l’essenza del messaggio rendendo l’esperienza più fluida e accattivante».

<CF1003>Oggi il BBL accoglie anche molti italiani.

</CF>«Conta non meno di 17 nazionalità. Tra queste, i danzatori italiani occupano un posto di rilievo, provenienti sia dal nord che dal sud, con percorsi diversi. Direi che i ballerini italiani si distinguono per la naturale espressività e la padronanza tecnica».

<CF1003>Lei conobbe Béjart quando era molto giovane: può condividere un ricordo? </CF>

«Il mio primo incontro con lui è stato quasi magnetico. Il suo sguardo blu acciaio ti trafiggeva. Abbiamo scoperto in lui un genio esigente, dotato di una precisione impressionante, nella tecnica e nell’interpretazione. Ma oltre al maestro, ho incontrato un uomo profondamente generoso, pronto a condividere molto di più della semplice danza».

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