A Udine la mostra sui 150 anni della Società alpina friulana: la storia degli uomini che fecero l’impresa
Al Castello e al Museo della fotografia l’esposizione fino al 27 aprile. Ritratti di geologi e geografi, un focus sul nuovo clima
Si potrà visitare fino al 27 aprile la mostra “La conoscenza dei nostri monti. 150 della Società Alpina friulana 1874-2024”, ospitata nei Civici Musei nel Castello di Udine (da martedì a domenica, dalle 10 alle 18, per visite guidate scrivere a segreteria@alpinafriulana.it). Il Comune ha deciso di prorogare l’esposizione dall’11 gennaio, giorno previsto per la chiusura, a dopo Pasqua. In questo articolo, tratto In Alto, l’annuario della Saf uscito a fine anno, il geografo Mauro Pascolini dell’Università di Udine e delegato del Rettore per Cantiere Friuli, illustra il progetto espositivo e la sua realizzazione.
Come le montagne che impiegano ere geologiche per formarsi, anche questa mostra ha avuto una orogenesi molto lunga. Il tema di fondo era quale montagna presentare, quale narrazione offrire ai visitatori e quale riflessione lasciare loro. Abbiamo impiegato molti mesi per dare un senso a questo ragionamento e devo dire che il risultato ottenuto è quello che volevamo e di questo devo ringraziare i compagni di viaggio, o meglio di cordata, con cui abbiamo condiviso questa ascensione.
La mostra si è articolata in due sezioni, una collocata nel mezzanino del Castello e una al piano superiore nei locali del Museo della Fotografia. Potrebbero sembrare due interventi separati, invece sono un unico momento di approfondimento e di lettura della montagna, o come piace a me, delle montagne, delle tante e diverse montagne del Friuli: dalle Dolomiti Friulane, un tempo chiamate da Giovanni Marinelli Prealpi Carniche, alle Alpi e Prealpi Giulie e fino al Carso, attraverso il ruolo che l’Alpina ha svolto nei suoi 150 anni di vita.
Da un lato c’è la storia: con gli uomini, le vicende societarie, le esplorazioni e le imprese e le intraprese, attraverso documenti, testi, cimeli e fotografie, tutti originali. Vedrete fotografie, magari sbiadite dal tempo, a volte di piccole e piccolissime dimensioni, ma reali, le stesse che gli uomini e le donne della Saf del tempo si trovavano a maneggiare.
Si è voluto proporre un percorso che solleciti il visitatore a porsi in ascolto, a entrare con rispetto, a lasciarsi coinvolgere nella dimensione di quella parte della nostra regione che rappresenta il 40 per cento dell’intero territorio regionale; dapprima con una conoscenza geografica delle catene montuose e delle valli con una lettura dei piani altimetrici e della dimensione della verticalità.
La montagna è verticale e obbliga quindi a porsi da subito con un angolo visuale particolare, quello anche di vedere in forma obliqua, non sicura, non fatta di certezze, non facile ma impegnativa, faticosa e ricca di dimensioni materiali e immateriali. Un ripasso o una nuova conoscenza delle montagne che erano già state mirabilmente descritte a metà 1500 dal Provveditore Veneto, Francesco Michiel: «Questa Patria del Friulj è bellissima Provincia, è situata con uno ampio piano, cinto in-torno da parte di tramontana da tre ordini, di montagne: de le qualli le prime sono colli, over monti amenissimi, fruttiferi di biave et vini delicatissimi et perfetti, et bonissimi fruti: le secunde sono de legne da foco, et fabriche: le terze ed ultime asperi altissimi et esposte ale nevi et giazio».
Ma la montagna non è solo altezza, è anche abisso, è anche profondità e quindi ecco quel “mondo sotterraneo” che è stata l’anima gemella nell’attività esplorativa dell’Alpina; per passare poi al contributo fondamentale dei geologi e dei geografi, per proporre i problemi di oggi, a cominciare dal cambiamento climatico. Si passa poi al vivere e all’abitare la montagna, una lettura diversa che mette a confronto il passato, a volte mitizzato ed enfatizzato, al presente con le sue trasformazioni e un diverso modo di in-tendere miti, riti e oggetti. Una proposta arricchita anche da un racconto sonoro.
A conclusione, oltre a trovare buone e cattive pratiche di frequentazione della montagna, riassunte da titoli di giornale e da esempi concreti di azioni messe in essere da attori territoriali, troverete un’opera di Emanuele Bertossi. Una installazione artistica che merita una pausa per la grande forza evocativa che ha in sé e per le suggestioni che propone: la giusta conclusione della prima sezione della mostra che apre il viaggio nella storia della Saf.
Una lunga storia che rassicura, perché fin quando ci saranno donne e uomini che contribuiranno alla “conoscenza dei nostri monti”, avremo gli strumenti per comprenderli e averne cura.
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