Musica, bomber e occhiali a specchio: il “come eravamo” dei primi anni ’80

Celebrare i 40 anni del film è ritrovare dialoghi e battute e, forse, una vhs rimasta come un cimelio in un cassetto

Alessandro Zago
La famiglia Covelli alla cena della festa le immagini del film
La famiglia Covelli alla cena della festa le immagini del film

UDINE. Billo: «Non sono bello, piaccio». Donatone: «Ivana, fai ballare l’occhio sul tick. Via della Spiga, Hotel Cristallo di Cortina: 2 ore, 54 minuti e 27 secondi... Alboreto is nothing». Ancora Donatone: «Ma la libidine è qui amore: sole, whisky e sei in pole position!». Roberto Covelli: «Sorry Samantha ci sono i fusilli che aspettano…the fusils».

Ci sono tanti motivi, quante sono le battute del film, per cui i 40 anni di “Vacanze di Natale”, non solo per i vanziniani impenitenti, rappresentano un appuntamento del cuore: 40 anni fa era un inconsapevole “come stiamo diventando” che oggi, ogni volta che rivediamo il film, è un nostalgico “come eravamo” a bordo di quella locomotiva sferragliante che erano i primi anni 80.

Sarà questo il motivo che giustifica quella vecchia vhs custodita come un cimelio in un cassetto; lo strano effetto che fa sfiorare la discoteca Vip Club, il regno di Billo Damasco (Jerry Calà), playboy a corto di cash, pianista di piano bar per ricconi vacanzieri con gentili consorti. E i pellegrinaggi dei fan a casa Covelli a Cortina, sotto la funivia che porta al rifugio Faloria, intatta nel tempo, un simbolo (come il Palo della Morte di “Un Sacco Bello”) per chi quando è uscito il film viaggiava poco sotto o poco sopra i 18 anni “e andare”, avrebbe esclamato Donatone Braghetti – interpretato da Guido Nicheli, detto Dogui, per Jannacci “Il presidente” del Derby club – uno dei personaggi più amati del film; e l’Hotel de la Poste, che Mario Marchetti (Claudio Amendola) scambia per un ufficio postale. Ci sarà un motivo.

Anzi, ce ne sono molti: a partire da quelli incastonati nella colonna sonora del film, radiografia di un’epoca per inquadrare più che una generazione un mondo intero (quasi) uscito dagli anni di piombo che voleva solo divertirsi, che aveva bisogno di leggerezza: da “Moonlight Shadow” a “I like Chopin”, da “Dolce vita” a “Maracaibo” , da “Sunshine Reggae” a “Paris Latino” e altri riempipista che giravano a manetta nei festini in cui si ballava a chilometro zero.

Il film dei Vanzina è tante cose insieme, anche un’istantanea della moda giovane di allora, capi feticcio alla paninaro di cui erano fasciati Mario e Billo, a bordo della sua Mini De Tomaso-Innocenti turbo rossa: Timberland, bomber e piumini, montoni, Ray Ban a specchio. E così un film che nelle intenzioni dei fratelli Vanzina voleva essere un nuovo capitolo della commedia all’italiana, una galleria di ricchi e cafoni – con in mezzo alla corrente un Billo proletario, erede del Gassman del “Sorpasso”, nocchiero di un incipiente decennio all’insegna dell’edonismo reaganiano – è diventato anche molto altro, fissandosi nel tempo, un film generazionale che parla alla nostalgia di chi lo ha visto dominare per mesi in locandina, quando nei cinema si entrava per sedersi sui gradini, e magari te lo cuccavi tre volte di fila con gli amici.

Enrico e Carlo Vanzina volevano sbeffeggiare, usando il guanto alla “Vacanze d’inverno” di Camillo Mastrocinque, una Cortina invasa dai cafoni con i soldi arrivati da Roma, i borghesi Covelli (con il figlio Roberto, Christian De Sica, che arriva con la bionda Samantha di Pittsburgh – eravamo tutti innamorati di Karina Huff – ma poi va a letto con il maestro di sci Zartolin) ma anche i Marchetti, nuova sfumatura sociologica di burini arricchiti. Poi, senza volerlo, senza saperlo, quei personaggi sono entrati nell’immaginario collettivo e sentimentale di almeno un paio di generazioni, tra dialoghi (oggi) scorrettissimi e belle donne. Dialoghi e battute rimasti intercalare per molti over 50 andanti sui 60, che ne fanno uno tra i film italiani più citati alla pari di “Soliti Ignoti”, “Febbre da Cavallo” (di papà Steno, Stefano Vanzina), i primi due Fantozzi, “Fracchia la belva umana”. Restano le risate e il ricordo di quando avevamo meno pensieri di oggi, sarà forse questa la vera forza di “Vacanze di Natale”.

In una sala mix di via Margutta, a Roma, per l’anteprima tecnica del film, alla fine Christian De Sica si girò verso la moglie Silvia dicendole: «Il film è bello: Silvié, finalmente se magna». Parole sante, diventerà un mito.

E così ci ritroveremo idealmente come le star all’Hotel de la Poste – che organizza “Cortina come in un film” per celebrare l’anniversario – a bere un whisky in pole position dopo un piatto di fusils. Come ai tempi della leggerezza, Believe me.

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