Nacque in Friuli il mito e la retorica del "Re soldato"

Vittorio Emanuele III arrivò in Friuli il 29 maggio 1915, prese dimora a villa Linussa, in Torreano di Martignacco, e vi rimase fino al 26 ottobre 1917.
Vittorio Solaro del Borgo, in “Giornate di guerra del Re soldato”, scrisse che il sovrano voleva evitare le gravi conseguenze che potevano derivare da una troppo rigida unicità di comando, «assumendosi l’incarico di accorrere personalmente ovunque lo credesse necessario per mantenersi in contatto sia con i capi sia con le truppe e le linee avanzate».
Gli ospiti del Re
A Udine si recava talvolta in forma privata per accogliere ospiti illustri (il Re del Montenegro, il Presidente francese Poincaré ...), o per qualche funzione religiosa. Quasi ogni mattina, verso le 9, in automobile scoperta (anche in caso di pioggia), accompagnato dal generale Brusati, con pranzo al sacco partiva per osservare la guerra dal Monte Corada, dallo Stol, dal Kum o da altri rilievi.
Verso “la fronte” – come soleva dire – viaggiava su itinerari comunicati al conducente dopo ogni sosta, e rientrava a Torreano a metà pomeriggio.
Camminata sotto le bombe
Quei viaggi gli valsero una fama leggendaria. «Ho sempre viva e presente alla memoria – scrisse Solaro del Borgo – la impassibile freddezza del re di fronte al pericolo. I colpi giungevano fitti e insistenti, ma pareva che una forza sovrumana li tenesse a rispetto sul suo passaggio, mentre Egli, comminando, continuava la sua conversazione senza nemmeno dar segno di accorgersi di quei cortesi messaggi».
In un giorno d’agosto del 1915, racconta Giuseppe Del Bianco nel libro “Il Friuli e la guerra”, il Re e Brusati attraversarono con tutta calma la piazza di Gradisca d’Isonzo. Vedendoli, il conte Giacomo di Prampero, Commissario civile della Città, corse loro incontro dicendo: «Il nemico dal San Michele vede ogni nostro movimento, e a volte spara granate per il passaggio di una sola persona... e giungono anche pallottole».
Le notizie su Gradisca
«Ma oggi non spara» esclamò sorridendo il re, che cambiò argomento per chiedere notizie su Gradisca.
«Si narra – scrive ancora Del Bianco – che durante una visita sullo Stol, ove accompagnò il Duca di Connaught, due aquile scese dal nevoso Canin, raccolto il volo sopra il sovrano, rotearono a lungo disegnando ampie volute, ciò che fu dai personaggi del seguito ritenuta cosa meravigliosa e di buon auspicio».
È così che nacque in Friuli il mito del Re soldato, ma c’è da augurarsi che il mito non sia ancora utile per dipingere il suo autentico ritratto.
Visto che l’articolo 3 dello Statuto albertino riservava al governo nominato dal re la politica estera, a Vittorio Emanuele III noi dobbiamo addebitare il Patto di Londra del 26 aprile 1915, un patto talmente segreto (noto solo al Re, a Sonnino e all’ambasciatore Imperiali) che fu comunicato a Cadorna ai primi di maggio, quando il generale era ancora convinto di dover combattere contro la Francia!
Testimone delle stragi sull'Isonzo
Poi il Re fu inutile testimone di undici inutili stragi sull’Isonzo, decise dalla dittatura militare di Udine, instaurata da Cadorna.
E nel 1922 volle Mussolini al potere, firmò le leggi razziali nel 1938, accettò il “patto d’acciaio” con Hitler e la Seconda guerra mondiale.
Fu tutt’altro che scialbo, come si sente dire!
Udine, fortunatamente, non lo ricorda nella toponomastica, ma il suo nome figura su una viuzza di Basaldella del Cormôr!
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