Una napoletana a Trieste, il romanzo di Chiara Gily alla Einaudi «Le mie storie di malincoironia»
Il libro sarà presentato il 21 marzo a Udine: «È anche un racconto di seconde occasioni»

Ha un titolo gentile il nuovo romanzo di Chiara Gily Ti aspetto al caffè Napoli (Mondadori) e un elogio alla gentilezza è anche la dedica in esergo al padre della scrittrice. Ma il libro è anche un “racconto delle seconde occasioni”, come ci racconta la stessa autrice che venerdì 21marzo presenterà per la prima volta il suo romanzo alla Libreria Einaudi di Udine alle 18, in dialogo con la traduttrice Giulia Negrello.
«Viene sempre il momento di fare i conti con quello che ti sei lasciata alle spalle», ci anticipa Gily, firma di diversi libri fra cui “L’essenza di arancio amaro” (Einaudi Ragazzi). Racconto il ritorno a casa della protagonista Lidia, napoletana che ha deciso di lasciare Napoli, vent’anni prima per trasferirsi a Nord Est. Il racconto comincia sul Freccia Rossa che riporta a casa Lidia per un matrimonio di famiglia dove farà da damigella d’onore alla cugina. Chi ha lasciato le proprie origini, come Lidia, per trovare il suo posto nel mondo, è destinato ad avere qualcosa in più, è affollato di ricordi ma anche di aspettative: sei andato via, pensi sempre di aver fatto bene e quindi quando torni cerchi un po' di giustificare te stesso. L’aspettativa è di ritrovare la tua città come l’hai lasciata e quasi ti dispiace che invece sia cambiata perché non hai fatto parte di quel cambiamento.
Dove è ambientato il suo romanzo?
«In una stradina del centro storico di Napoli che esiste davvero, via Caravita, perpendicolare della più celebre via Toledo. Lì c’è una bottega di rigattiere dove il suo proprietario ha l’usanza di preparare il caffè con una “cuccuma” che spande un meraviglioso aroma in tutto il quartiere. La bottega è del padre di Lidia che, al matrimonio, ha un infarto e muore. Lidia si ritroverà erede dell’attività di famiglia e piena di debiti».
Senza svelare troppo ai lettori qual è l’idea del suo libro?
«Ho voluto raccontare le seconde opportunità che spesso capitano alle persone. Lidia ha quarant’anni e avrà una seconda opportunità di trovare il suo posto nel mondo. Pensava di trovarlo altrove, nella città più lontana d’Italia da Napoli, Trieste e invece la trova a casa. Il padre di Lidia, Felice era considerato un po' uno sprovveduto. In realtà nella bottega aveva creato un mondo che solo la figlia riuscirà a scoprire grazie all’amore che nutre nei confronti del padre».
Lei è napoletana di nascita, triestina per scelta. Quanto della sua esperienza ha prestato alla protagonista?
«Le origini a sud e i capelli ricci sono l’unico prestito che ho fatto a Lidia e la residenza. Non c’è nulla di autobiografico, il mio intento era far capire che spesso scambiamo la gentilezza con la debolezza. In realtà le persone gentili sono meno “in vista” ma creano legami forti».
Da 11 anni racconta le sue avventure di “espatriata” su “Il Piccolo” nella rubrica: “Una napoletana a Trieste”. In quale chiave?
«Quella dell’ironia o come dico io della “malincoironia”. Mi sono innamorata di Trieste e ho voluto viverci. Ma di fondo resta una malinconia. Quando inizi hai tanto entusiasmo per la pagina bianca ma non conosci nessuno, non hai radici. Poi i ricordi e la quotidianità, anche l’accento delle persone, ti mancano e diventano malinconia che io trasformo in creatività e scrittura».
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto