L’Orchestra Sinfonica della Radio nazionale ucraina a Pordenone per una fine dell’anno di note e speranza

VladymyrSheiko dirigerà il complesso anche lunedì 30 a Gorizia:  «Difficile fare musica sotto le bombe, queste barbarie devono finire»

Cristina Savi
Il direttore Vladymyr Sheiko
Il direttore Vladymyr Sheiko

Pordenone-Kiev: un ponte di note e speranza è quello che unisce le due città attraverso il concerto che accompagnerà la fine dell’anno, atteso nel Teatro Verdi martedì 31 dicembre , alle 16, protagonista la prestigiosa Orchestra sinfonica della Radio nazionale ucraina, che ha all’attivo oltre 85 anni di attività e di grandi successi in tournée realizzate in tutto il mondo.

Diretta da Volodymyr Sheiko, è impreziosita dalla presenza della violinista Bogdana Pivnenko, nota come “ambasciatrice della musica ucraina”, che con il suo talento incarna l’energia e l’orgoglio della cultura del suo Paese. Nove i concerti della tournée in Italia, fino al 6 gennaio; in Friuli Venezia Giulia l’orchestra suonerà anche lunedì 30, alle 20.30, nel Kulturni Center Bratuž di Gorizia per il Concerto di fine anno, organizzato dall’associazione “Rodolfo Lipizer”.

A Pordenone l’appuntamento di San Silvestro si rinnova per la 44ma edizione grazie al Centro iniziative culturali e Presenza e cultura, sotto la direzione artistica di Franco Calabretto e Eddi De Nadai, in collaborazione con la Casa dello Studente Zanussi.

Pochi minuti prima della partenza da Kiev, il direttore Sheiko ci ha raccontato come, nonostante tre anni di guerra, l’orchestra continui la sua attività, riuscendo a portare un messaggio di resilienza in patria e oltre i confini, e a mantenere viva l’identità culturale dell’Ucraina attraverso la musica.

Maestro Sheiko, come si affronta la sfida di fare musica sotto le bombe?

«La nostra vita è cambiata terribilmente e naturalmente anche il nostro lavoro, Quando cadono missili e bombe, corriamo nei rifugi antiaerei e aspettiamo. Dopo, prolunghiamo le prove per recuperare il tempo perso. A Kiev, gli allarmi bloccano i ponti e i musicisti arrivano dalle diverse parti della città con ritardi inevitabili, ma la musica non si ferma mai. Le difficoltà logistiche si sommano a quelle energetiche. Spesso, l’elettricità manca per ore e viene ripristinata a zone. A dicembre, siccome fa buio presto, abbiamo dovuto cancellare molti concerti. Ma non ci arrendiamo. Abbiamo celebrato i cent’anni della radio e i 95 anni della nostra orchestra con una tournée nelle nove più grandi città dell’Ucraina. Ogni sala era sold out, la gente ci ha accolto con standing ovation e applausi interminabili: un entusiasmo incontenibile».

La musica, dunque, come rinascita: che ruolo ha nel processo di pace e ricostruzione del suo Paese?

«La musica è luce per le anime distrutte dalla guerra. Chi viene ad ascoltarci cerca un momento di pace, una pausa dall’orrore quotidiano. La musica riesce a far rinascere le persone anche dopo tragedie immense. Ognuno di noi ne vive, purtroppo. Come orchestra siamo in pena per un trombonista che ha suonato con noi in passato e che sappiamo essere prigioniero in Russia. È impossibile anche soltanto immaginare che nel nostro secolo possano accadere cose del genere. Ma anche di fronte a questi drammi, continuiamo. Dopo ogni guerra nascono grandi composizioni: è un dolore che si trasforma in bellezza universale».

Il programma del concerto di fine anno a Pordenone mescola tradizioni musicali ucraine ed europee. Come avete scelto questi brani?

«Accanto alla Francia di Chabrier e Saint-Saëns, alla Mitteleuropa di Strauss per celebrarne l’imminente bicentenario e alla Spagna vivace di Bizet, porteremo le melodie ucraine. Presenteremo in particolare canzoni popolari natalizie arrangiate per orchestra sinfonica, un estratto dalle “Sinfonie di Natale” di Ivan Nebesnyi, un nostro compositore contemporaneo celebre nel panorama internazionale. Un programma che non è solo musicale, ma simbolico, perché la musica diventa il nostro messaggio di pace e grazia per il pubblico italiano. E dimostra che, nonostante tutto, l’Ucraina continua a produrre arte e a dialogare con il mondo».

Fra poche ore avrà inizio un nuovo anno, è inevitabile chiederle con che sentimenti guardate al 2025. Ogni tanto ci arrivano notizie di timidi spiragli di pace…

«Vorremmo crederci, ma non è così. I russi continuano a distruggere le nostre città, soltanto qualche giorno fa due missili sono caduti nel centro di Kiev. Il mondo deva capire che tutto questo, questa nuova barbarie, deve finire». 

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto