Ore davanti allo schermo: ecco come lo smartphone influisce sul nostro cervello
L’uso intensivo è associato a una significativa riduzione dello sviluppo delle funzioni cognitive. I ragazzi controllano il cellulare più di 15 volte al giorno mostrando un alto livello di dipendenza

Sempre più persone trascorrono parte della loro vita nei «mondi digitali» costituiti dal web, dai social media, dai videogiochi e dalle esperienze virtuali. Attualmente 5 miliardi di persone accedono ad internet per diverse ore al giorno. L’uso dei mondi digitali ha inizio in tenera età: le statistiche più recenti indicano che in Italia il 30% dei genitori usa smartphone e tablet per distrarre o calmare i bambini già durante il primo anno di vita, il 70% al secondo anno.
Numerose ricerche hanno evidenziato che la frequentazione sempre più diffusa dei mondi digitali esercita una significativa influenza sul cervello, sulla mente e sulle relazioni sociali degli esseri umani. Per questo motivo, nel 2019 l’Organizzazione mondiale della sanità (Who) ha raccomandato di limitare l’uso degli smartphone nei bambini.
L’uso intensivo dei media digitali in età evolutiva è associato ad una significativa riduzione dello sviluppo delle funzioni cognitive (attenzione, memoria, linguaggio, lettura e scrittura) e un aumento del disagio psicologico (disturbi del sonno, ansia e depressione).
Mondi digitali
Si è visto che l’eccessiva permanenza nei mondi digitali cambia la struttura del cervello e influisce sulla mente dei bambini. Infatti, il cervello e la mente umana si modificano in base all’esperienza.
Se un bambino cresce nella foresta amazzonica imparerà a riconoscere un’enorme varietà di piante ed animali, mentre un bambino della stessa età cresciuto in Occidente imparerà a leggere, scrivere e far di conto. Per questa ragione il cervello e la mente dei due bambini saranno molto diversi, soprattutto per quanto riguarda le aree cerebrali coinvolte nei processi di letto-scrittura e calcolo.
Ciò significa che l’ambiente sociale e culturale nel quale un bambino cresce influenza in modo significativo l’organizzazione del cervello e delle funzioni affettive e cognitive.
È stato evidenziato che nell’infanzia l’utilizzazione intensiva di dispositivi digitali quali smartphone e tablet provoca una significativa riduzione delle vie nervose che collegano le aree cerebrali del linguaggio (area di Broca e Wernicke).
Queste modificazioni della struttura del cervello si associano a una diminuita comprensione del linguaggio e a un abbassamento delle funzioni esecutive (consapevolezza e autocontrollo). Ciò determina una diminuzione delle capacità di lettura e un decremento del successo scolastico. In questi bambini, la riduzione dei circuiti del linguaggio si associa ad un aumento dei circuiti nervosi coinvolti nei compiti visivi.
L’utilizzo degli strumenti
L’intreccio di due fattori (la pressione ad essere più veloci nella vita quotidiana e l’utilizzazione sempre più diffusa di strumenti digitali) ha determinato una massiccia diffusione del multitasking, ovvero dell’abitudine a svolgere due o più attività contemporaneamente. È stato calcolato che gli adolescenti americani trascorrono circa 8 ore al giorno nel mondo digitale e che il 30% di questo tempo è dedicato al media multitasking.
Diversi studi neuropsicologici hanno mostrato che gli individui impegnati costantemente nel media multitasking presentano una marcata riduzione dell’attenzione, della concentrazione, della memoria di lavoro e delle capacità di scelta; mentre aumentano l’impulsività e il disagio psicologico (ansietà e depressione).
Sia negli adulti che nei bambini la pratica del media multitasking si associa a una significativa riduzione della corteccia anteriore del cingolo, una struttura del lobo frontale coinvolta nelle funzioni di autocontrollo, di scelta e nella regolazione emotiva.
Un effetto molto problematico dei social media riguarda la capacità di influenzare il sistema cerebrale della ricompensa e della punizione. L’attività del cervello umano è infatti regolata da alcuni nuclei nervosi che costituiscono il «sistema dei valori».
Queste strutture sono coinvolte nei fenomeni di dipendenza (alcool, nicotina, cocaina, dipendenza da gioco).
Quando una persona nei social media riceve un «like» (Mi piace) attiva i circuiti della ricompensa, mentre la ricezione di nessuno o pochi like attiva i circuiti correlati all’esclusione sociale e alla punizione. Una ricerca recente, pubblicata dal Giornale dell’Associazione Medica americana (Jama 2023), ha studiato per tre anni le funzioni cerebrali associate all’uso dei social media (Facebook, Instagram e Snapchat) nei ragazzi dai 12 ai 15 anni.
È stato riscontrato che i ragazzi che controllavano i social media più di 15 volte al giorno mostravano un alto livello di dipendenza dal giudizio dei loro pari. Questi ragazzi inoltre presentavano un incremento dell’attività nei circuiti nervosi coinvolti nella ricompensa, nella salienza (valutazione della rilevanza) e nell’attivazione dei comportamenti impulsivi.
Informarsi e comunicare
L’utilizzazione estesa dei «mondi digitali» per informarsi, comunicare, e porsi in relazione con gli altri tende a generare problemi psicologici che sono collegati alle limitazioni imposte dal tipo di comunicazione, al sovraccarico cognitivo e ai fenomeni di accelerazione collegati all’uso della tecnologia.
Il recente uso intensivo delle videoconferenze ha provocato una nuova forma di affaticamento mentale ed emotivo soprannominata «Zoom fatigue», che è stata associata a sintomi depressivi.
Negli ultimi anni sono stati pubblicati numerosi studi sulle influenze negative dei social media sulla salute mentale delle persone. Si è potuto constatare che Internet e l’uso degli smartphone giocano talvolta un ruolo centrale in gravi malattie mentali (Dipendenza da internet, Dipendenza da giochi on-line, Dipendenza da smartphone).
La socializzazione
L’esagerata utilizzazione dei «mondi digitali» ha effetti problematici sulla socializzazione. L’uso eccessivo dei social media e della realtà virtuale incrementa l’ansia sociale, riduce le interazioni sociali reali favorendo la solitudine.
Inoltre, la possibilità di essere continuamente connesso con centinaia o migliaia di persone (praticamente sconosciute) genera una condizione di sovraccarico informativo. Le ricerche di psicologia evoluzionistica hanno infatti mostrato che il nostro cervello e la nostra mente si sono evoluti per intrattenere relazioni significative con un numero definito di persone (intorno ai 150 individui).
I mondi digitali ostacolano la possibilità di incontrare alcune persone reali e allo stesso tempo favoriscono una pletora di incontri virtuali che sovraccaricano la nostra mente.
Gli obiettori di coscienza
Infine, un aspetto molto problematico dei mondi digitali consiste nella loro possibile utilizzazione per la manipolazione psicologica e il controllo sociale.
Questi possibili effetti hanno ricevuto attenzione mediatica grazie al documentario The Social Dilemma, nel quale un gruppo di «obiettori di coscienza digitale», dopo aver lavorato in posizioni apicali in alcuni social network, come Facebook, Twitter e Instagram, ne hanno denunciato gli usi manipolativi e perniciosi a livello personale, sociale e politico.
È invece poco noto che esiste nella comunità informatica un’area di ricerca denominata persuasive technology, che si occupa di automatizzare le tecniche della psicologia della persuasione all’interno di app e mondi digitali.
Sebbene i ricercatori di quest’area lavorino ad obbiettivi socialmente positivi, quali usare le app ed i social media per incentivare l’esercizio fisico e le abitudini alimentari sane, qualsiasi tecnologia può essere sempre riusata per altri fini da malintenzionati.
Quest’ultimi purtroppo riorientano le scoperte della persuasive technology su scopi quali le campagne di disinformazione di massa condotte a livello internazionale sui social media, anche da entità statali.
Gli effetti avversi di queste campagne orchestrate per la manipolazione psicologica della popolazione sono diventati un tema di discussione anche per la Nato, che le cataloga ufficialmente come atti ostili, chiamandole cognitive warfare (guerra cognitiva).
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