Orsi in Friuli? È un ritorno dalla preistoria
GORIZIA. Qualche tempo fa il TG Regionale mandava in onda un servizio dal titolo L'orso nei boschi del Friuli e commentava: «Il Friuli Venezia Giulia sta diventando una meta ambita degli orsi con 11 avvistamenti negli ultimi anni». Arrivano dalla Croazia attraversando i boschi della Slovenia. Non per nulla nella foresta di Tarnova, percorrendo le strade secondarie, da diversi anni si può incontrare il cartello stradale con l'indicazione obmocje medveda (attenti all'orso).
In realtà si tratta di un ritorno, facendo un balzo indietro fino alla preistoria. Che tra i monti della Carniola fino a quelli del Friuli abbia abitato l'uomo preistorico, in compagnia di tutti i mammiferi di quei tempi (orsi compresi), nessuno ha mai avuto dubbi. Qua e là si sono trovate tracce e resti, ma tutti di modesta entità, dalle valli del Natisone in poi, verso oriente.
In tempi relativamente recenti però è stato scoperto un luogo dove questi resti preistorici hanno proporzioni a dir poco enormi. Si chiama Divje Babe. Ci troviamo nella valle dell'Idrijca, nel comune sloveno di Cerkno (Circhina secondo la toponomastica prebellica ovvero Kirchheim secondo i nostalgici asburgici), a 450 metri sul livello del mare.
Lo ho scoperto grazie a un’uscita organizzata dal Gruppo Seniores Slow Trekking del Cai di Gorizia, del quale sono responsabile. Lasciata la macchina ai piedi di una ripida parete rocciosa, siamo saliti lungo un erto sentiero fin sull'altopiano di Sebrelje. Accanto alla chiesetta di Sv.
Ivan ci aspettava una guida locale la quale, per prima cosa, ci ha spiegato che di un vero e proprio sito archeologico si tratta e che il suo simbolo (o logo) è un flauto. Infatti tra i resti di un focolare dell'uomo di Neanderthal (circa 45.000 anni fa) nel 1995 fu ritrovato un oggetto in osso, ricavato dalla tibia di un giovane orso delle caverne, e perforato a distanze regolari in modo da tapparli con le dita del suonatore: quindi un flauto. Trattandosi di reperti antichissimi non tutti gli scienziati e gli archeologici sono d'accordo sul significato di quest'osso, ma recenti studi pubblicati anche da National Geographic a fine 2011 ne hanno confermato il senso: è proprio un flauto.
Scesi lungo un breve sentiero ricavato a ridosso della verticale parete rocciosa siamo arrivati all'ingresso della grotta preistorica di Divje Babe, ben chiusa a chiave e protetta da grossi portoni: è aperta al pubblico solo dal 2005 e unicamente in strette fasce orarie. All'esterno, tabelloni scritti anche in inglese e in italiano narrano la storia dei ritrovamenti archeologici.
All'interno, superato un muro protettivo di placidi pipistrelli, appare un'alta parete terrosa, risultato di crolli succedutisi nel corso dei millenni. Solo una parte di quest'area franosa è stata scavata dagli archeologi, ma ovunque spuntano quelli che sembrano spezzoni di tronchi conficcati nella parete oppure sassi tondeggianti frammisti a terriccio. In realtà si tratta di ossa di animali preistorici.
Ne sono stati catalogati appartenenti a 50 tipi di specie. Ma il protagonista è l'orso delle caverne (ursus speleus): gli scavi hanno permesso di rinvenire centinaia di ossa, tanto che numerose sono abbandonate nella caverna perché danneggiate o spezzate. Si possono prendere in mano e immaginare di aver sgranocchiato una coscia d'orso preistorico. E centinaia di altre ossa aspettano di essere scavate nei cumuli di terriccio, depositatisi nel corso dei millenni. Insomma un'emozione forte.
Fuori, sull'altopiano di Sebrelje la vita scorre tranquilla, apparentemente uguale da secoli: una chiesetta, poche case, prati verdissimi: un'atmosfera amena, un contadino si lascia fotografare con una gigantesca gerla sulle spalle. Ci saluta sorridendo e prosegue il suo cammino.
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