Orsini: la vita degli attori è fatta di competizione e anche piccole miserie

Al Verdi arriva “Due irresistibili ragazzi”. Branciaroli: «Testo che è solo all’apparenza spensierato»

Mario Brandolin

Uno si aspetterebbe un duo comico per quello che è considerato uno dei capolavori dell’intrattenimento e del divertimento, frutto di quel geniale conoscitore della macchina teatrale che è stato l’americano Neil Simon. E invece in questa nuova edizione dei “Due ragazzi irresistibili” troviamo due grandi attori del nostro teatro, quello più impegnato e serio: Umberto Orsini e Franco Branciaroli diretti da Massimo Popolizio, al Verdi di Pordenone oggi e domani, il lunedì e martedì al Rossetti di Trieste, mercoledì 21 al Verdi di Gorizia e il giorno seguente al Modena di Palmanova.

Ma chi sono questi ragazzi irresistibili? «Sono due vecchi attori in disarmo che per l’ultima volta si trovano ad affrontare insieme il palcoscenico, e naturalmente litigano, se le dicono di santa ragione perché la vita degli attori è fatta di competizione e piccole miserie che ognuno porta dentro. Col risultato che spesso risultano comiche». Così Umberto Orsini che sottolinea come «il sodalizio artistico con Branciaroli dura da molti anni. (L’ultimo fu lo scorso con quell’intenso e struggente “Pour un oui ou pour un non” di Natalie Serraute, visto al Giovanni da Udine). Quanto a questo spettacolo, un copione di Neil Simon ha un meccanismo di divertimento molto efficace, irresistibile appunto. Per questo abbiamo profuso tutto l’impegno produttivo per realizzare uno spettacolo di qualità. Credo che la differenza con le edizioni precedenti sia nel fatto che noi siamo attori seri e percepiti come impegnati. Questo credo rappresenti un valore aggiunto».

Gli fa eco Branciaroli, che sottolinea come «Simon è stato il drammaturgo di una società, quella del boom economico degli anni ’60 e ’70, che soprattutto a teatro voleva divertirsi: del resto le leggi di Broadway erano queste, poco impegno e tanto divertimento. Per cui parlare come in questi “ragazzi irresistibili” di temi seri pensierosi come la vecchiaia e la morte, non poteva farlo se non in chiave leggera. Cosa difficilissima, solo una bravura mostruosa come quella di Simon riesce a confezionare un testo che è solo all’apparenza spensierato. Tanto che il regista diceva sempre che i suoi testi se li mettono in scena i comici li rovinano, ammazzandoli in gags, ammiccamenti, risate. Del resto questo testo in Italia lo hanno fatto in molti, ma mai con attori come crediamo di essere Orsini e io».

Il suo personaggio? «È quello di Willy Clark, il più rancoroso e intrattabile dei due, del resto a rompere quella che fu una coppia artistica di successo è stato Al (Orsini) per cui dal momento che devono tornare in scena, questa è l’occasione buona per fargli pesare l’antico tradimento. Non è però che Al sia meno rancoroso e fumino».

Pubblico e critica hanno salutato lo spettacolo con grande favore e successo: grandi attori, compagnia solida, scenografie importanti, niente microfoni e un testo accattivante... fuochi d’artificio di un teatro che fu. «Si tutti a dire “ah spettacoli così solo un tempo” – spiega Branciaroli –, però questa storia di un teatro che non c’è più non mi torna, allora perché continuano a farlo? Il teatro di oggi è pieno di cose che non corrisponderebbero a quello che intendiamo con teatro che fu. E allora come è che i teatri sono pieni?».

Forse perché a fronte di tanto intrattenimento banale, volgare, mediaticamente soporifero, il teatro mantiene ancora un suo perché. «Ma va là, che alla gente ahimè va bene tutto, applaude tutto, stasera acclamano Orsini e Branciaroli e la sera dopo un monologo qualsiasi... – aggiunge Branciaroli –. C’è come dire una sorta di pericolosa rassegnazione in questo paese, e non solo a teatro».

Parliamo di cinema, dove lei ha avuto una bella stagione diversi anni fa, non solo Tinto Brass ma anche autori registi come Jancso e Antonioni. «In realtà col cinema non ci siamo mai presi del tutto. Non sono un tipo cinematografico, la mia faccia, me lo disse Antonioni, ha la forza di una pittura etrusca, bella ma poco conciliabile, soprattutto col cinema italiano dell’epoca, quello della commedia all’italiana. Per il mio narciso d’attore, il teatro che ho fatto e che ancora faccio, mi basta e avanza».

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