Pane e poesia contro la pandemia: un cuore stretto in un abbraccio

“Carmina dant panem”. Il poeta latino Orazio si lamentava del fatto che la poesia non porta il pane. Non dà di che vivere a quegli squattrinati cronici che sono i poeti, perché il mondo è troppo impegnato a macinare la sua farina, nella fretta che lo contraddistingue, inseguendo le sue chimere, drogato, come diremmo noi oggi, dai suoi “standard performanti”. Orribile cosa.
Ma quanto sta accadendo in questi giorni così straniti ha messo in discussione molte convinzioni che fino a ieri ci sembravano scontate. Stiamo un po’ tutti ricalibrando, nel tempo sospeso delle nostre clausure o laggiù in trincea, tra tubi e respiratori, le priorità della nostra vita. E tra queste reclama diritto di attenzione il gusto per quella semplicità che ci rende umani e che forse avevamo perduto.
Ed ecco che arriva un manipolo di ragazze e di ragazzi, studenti dell’Isis Magrini Marchetti di Gemona, a dimostrare che forse Orazio aveva preso un granchio, una volta tanto. Perché capita, nella stagione del Coronavirus, che la poesia il pane lo porti per davvero.
Complice un fornaio sapiente che ogni mattina sforna croccanti bontà, Enzo Cragnolini (vi ricordate Raguenau, il poeta pasticcere del Cyrano de Bergerac? È lui, reincarnato, quello che insegnava ai suoi garzoni, in perfetta rima, che: “Il taglio non va fatto sul pane di traverso, così come lo iato va giusto in mezzo al verso”), e una lungimirante esperta di comunicazione, Daniela Ermacora, capace di dispensare utili suggerimenti e di sostenere l’idea nel mondo liquido dei social.
Gli studenti, tra i quattordici e i diciannove anni, approfittando di una didattica completamente ribaltata nella strana atmosfera che si respira in un aula virtuale, hanno deciso che le parole possono essere utili ogni giorno, nelle nostre case, proprio come le focacce, le rosette, le francesine o le baguette. Anzi indispensabili. Perché addentare una poesia è come lasciarsi prendere dall’aroma del pane appena sfornato.
Così hanno cominciato a scrivere versi, pensieri, “Meme”, epigrammi.. La Scuola – per una volta libera dalla pressione del programma che si deve finire a tutti i costi – ci ha messo del suo, cercando di comunicare loro che la vera e unica missione della conoscenza è proprio quella di indicarci le costellazioni da seguire per non perdere la via del ritorno. Non c’è nulla di più buono del pane. Pablo Neruda diceva che è di tutti, proprio come la poesia. È il simbolo di ciò che associamo alla casa, all’intimità degli affetti più cari. Al tempo sereno della mensa imbandita. Un cibo essenziale, primordiale, “sacro”.
E la poesia conserva dentro di sé la stessa profumata e caldissima mollica. Così, in questi giorni che precedono la Pasqua, gli studenti impastano parole, le loro, mentre il fornaio dà forma e croccantezza a pagnotte speciali: hanno il profilo di un cuore stretto in un abbraccio.
I pensieri elaborati finiranno appiccicati sui cartoccetti destinati a portarci in casa, ogni giorno, tutta la fragranza della loro creatività assieme a quella del pane. Piace pensare che non entreranno soltanto nelle nostre cucine, ma anche in quelle delle case di ricovero, nelle mense destinate ai più bisognosi o sul comodino di qualche ammalato. “Carmina dant panem”, dunque.
Una miscela che profuma di bellezza, sapore e gioventù. Il ricavato di tutta questa operazione, per volontà di Enzo Cragnolini, verrà finalizzato a sostenere tutti coloro che combattono in prima linea contro il morbo. Un regalo goloso come dolce auspicio di resurrezione. E volendo dirlo in rima: “Pan e Poesia contro la Pandemia”.
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