Perché esistono le religioni? Gli interrogativi sulla vita e le rivelazioni soprannaturali alla base delle teologie

Franco Fabbro

Di recente è stato pubblicato un libro particolarmente interessante, dello psicologo evoluzionista britannico Robin Dunbar intitolato: “How Religon Evolved and Why it Endures?” (Come si è evoluta la religione e perché resiste?) (Penguin Books, 2022).

Nel libro l’autore cerca di rispondere alle domande: qual è la ragione evoluzionistica che ha determinato l’origine delle religioni? Come mai tutti i popoli della Terra hanno avuto e continuano ad avere una o più religioni? Si stima che nel mondo vi siano circa 10 mila religioni differenti, di cui quattro (Cristianesimo, Islam, Induismo e Buddhismo) praticate dalla maggior parte della popolazione, mentre le altre religioni (più di novemila) sono seguite da meno del 10% della popolazione mondiale.

Queste percentuali richiamano da vicino quelle collegate alle lingue presenti nel mondo. È stato calcolato che nel mondo attuale siano parlate circa 7 mila lingue; di cui le quattro le più diffuse: l’inglese, il cinese mandarino, l’hindi e lo spagnolo, sono parlate da più di quattro miliardi di persone; mentre più del 25% delle altre lingue (circa 2 mila) sono parlate da meno di mille persone ciascuna.

Inoltre, per una singolare coincidenza, proprio i piccoli popoli che parlano una piccola lingua locale professano anche una delle novemila religioni seguite da un numero limitato di fedeli.

Le domande esistenziali

È noto che i filosofi e i teologi hanno sostenuto che le religioni originano come risposta a interrogativi esistenziali (dare un senso alla vita, attenuare o sconfiggere la paura della morte, mantenere un collegamento con i defunti); oppure sono considerate il frutto di una rivelazione soprannaturale (Mazdeismo, Ebraismo, Cristianesimo, Islam).

Dalla riforma protestante, avviata da Martin Lutero nel 1517, e in maniera più consapevole dalla pubblicazione del Trattato Teologico Politico (1670) di Baruch Spinoza, il ruolo che la religione svolge in ambito politico è diventato via via più chiaro ed è stato oggetto di studi e riflessioni, non ultimi quelli molto critici di Carl Marx e Sigmund Freud.

Negli ultimi decenni anche la biologia e la medicina si sono interessate alla religione. È stato scoperto che le persone che aderiscono a una religione e partecipano alle sue cerimonie e rituali, presentano mediamente un maggiore benessere fisico e psicologico rispetto agli individui non credenti.

Inoltre, le persone che aderiscono a una religione vivono più a lungo, si ammalano di meno e, se si ammalano, guariscono prima delle persone non religiose.

Robin Dunbar si è chiesto quali siano le ragioni psicobiologiche che determinano questi vantaggi. Per cercare di rispondere a questa domanda ha condotto una vasta serie di studi e di esperimenti negli ultimi trent’anni.

Cerimonie e salute

In questa maniera si è potuto scoprire che le persone che partecipano a un rituale religioso, dove circa 100-150 persone si riuniscono insieme, cantano, ascoltano sermoni edificanti, e in qualche caso talvolta anche danzano, presentano, dopo le cerimonie e i riti (in maniera indipendente dal credo religioso), un aumento delle endorfine e della dopamina (ormoni che regolano il benessere psicologico e fisico), un aumento delle risposte immunitarie (aumento dei linfociti Natural Killer) e una riduzione degli indici fisiologici di stress (diminuzione della pressione arteriosa, del battito cardiaco, eccetera).

Il valore della socializzazione

Le ricerche di Robin Dunbar, pubblicate in diversi libri: “Dalla nascita del linguaggio alla babele delle lingue” (1996), “Human Evolution” (2014), “Amici” (2021), hanno chiarito che la principale caratteristica degli esseri umani, che ne ha guidato lo sviluppo del cervello e della mente, è la socializzazione.

Gli esseri umani hanno la necessità di vivere insieme in villaggi formati in media da 150 persone. A differenza degli scimpanzé, che con un cervello equivalente a un terzo di quello umano, vivono in gruppi di 50 individui.

È noto che vivere insieme permette di far fronte a molte difficoltà ma è una significativa fonte di stress psicofisico, perché gli altri esseri umani possono smettere di collaborare, essere sleali, diventando talvolta una minaccia per i conspecifici.

Per ridurre lo stress sociale gli scimpanzé si spulciano tra di loro (grooming). Si è visto che questa attività appiana le tensioni e rafforza i legami di amicizia, poiché è in grado di liberare gli ormoni e i neurotrasmettitori del benessere fisico e psicologico (endorfine, dopamina, eccetera).

Dato che gli esseri umani per un lungo periodo di tempo (almeno 250 mila anni) sono vissuti in gruppi (villaggi) troppo numerosi per poter effettuare un grooming collettivo hanno dovuto trovare altre strategie per ridurre lo stress. Dati antropologici indicano che le strategie elaborate sono state il canto (glossolalico), la danza, l’invenzione del linguaggio e lo sviluppo di credenze e riti religiosi.

Lingue e religioni

Il curioso rapporto che lega le lingue e le religioni è stato oggetto di numerosi studi. Come ho sostenuto nel libro “Identità culturale e violenza” (2018) originariamente le lingue e le religioni avevano sia la funzione di collegare le persone appartenenti a un popolo, sia di separarle dagli altri popoli.

Ricerche antropologiche e linguistiche hanno evidenziato che il numero delle lingue e delle religioni aumenta in prossimità dell’equatore. In queste regioni ogni piccolo popolo parla una lingua propria e professa una religione differente dalle circostanti.

Ciò permette di mantenere relativamente separate le popolazioni, riducendo il pericolo dei contagi dovuti alle malattie infettive (virali o batteriche).

I riti collettivi

La prospettiva evoluzionistica analizzata da Robin Dunbar indica che gli aspetti più significativi delle religioni non si trovano a livello dei contenuti (chi sono gli esseri soprannaturali, dove si trovano, se sono uno o molti, eccetera) ma nei riti collettivi e nelle esperienze religiose, che permettono di sperimentare stati non ordinari di coscienza, i quali sono in grado di favorire il benessere fisico e psicologico.

Per questa ragione una decina di anni fa a Londra è stato fondato un nuovo movimento “religioso” di natura laica chiamato “The Sunday Assembly Movement”. Gli aderenti a questo movimento si riuniscono ogni domenica in gruppi di circa 100-150 per partecipare a una cerimonia simile a una messa laica.

La riunione, che dura un’ora e mezza, comincia con il canto di alcune canzoni di musica leggera, accompagnate da una piccola orchestra. In seguito vengono recitate delle poesie e, a turno, un componente della comunità, oppure una persona invitata, tiene una breve conferenza di natura letteraria, scientifica o filosofica.

La funzione si conclude con il canto di altre due o tre canzoni. Talvolta i componenti del gruppo si riuniscono per un pranzo comune. Da allora il movimento delle Assemblee domenicali si è diffuso in altre 8 nazioni e sono stati fondati 45 capitoli (diocesi) del movimento.

La dimensione religiosa, come quella linguistica, è dotata di una grande vitalità poiché è strettamente collegata alle caratteristiche sociali del cervello e della mente degli esseri umani. Essa si manifesta sia a livello individuale che sociale, presentando caratteristiche multiformi, che i filosofi, i letterati, i politici e gli scienziati debbono essere in grado di capire poiché la commistione tra religione e politica (come è accaduto in particolare durante il fascismo e il nazismo), tra filosofia e religione oppure tra scienza e religione può essere fonte di gravi problemi.

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