Quando eravamo i padroni del mondo: Cazzullo racconta la persistenza del mito

Il giornalista ospite venerdì a Sacile di PnLegge Fuoricittà. «Oggi l’impero Usa si comporta come quello romano»

Mario Brandolin

Che l’antica Roma sia da sempre nell’immaginario collettivo come la civiltà alla quale tutto l’occidente deve molto, è indubitabile. Oggi però il mito di Roma torna a occupare nuovi e impensati spazi nel panorama culturale.

Di questo abbiamo parlato con lo scrittore e giornalista Aldo Cazzullo, il cui ultimo libro Quando eravamo padroni del mondo. Roma: l’impero infinito sarà presentato venerdì 6 ottobre a Sacile nell’ambito di PnLegge fuoricittà.

Cazzullo, dopo un libro, Il capobanda e uno spettacolo, Il duce delinquente, in cui non era affatto tenero, anzi tutt’altro, con Mussolini e il fascismo, arriva sorprendentemente in libreria con un libro su Roma antica e la persistenza del suo mito.

Mito che fu, anche grazie all’idea di romanità e della sua grandezza che Margherita Sarfatti, un’intellettuale raffinata e innamorata del duce allestì per il suo amato, la base per le avventure imperialistiche del fascismo e di tutta la retorica patriottarda che ne scaturì. Come mai?

«Non erano di sinistra quel libro e quello spettacolo, l’antifascismo è un valore comune a tutti, nella Resistenza ci furono anche liberali, cattolici non solo uomini di sinistra. Così come quello non era un libro di sinistra, così non è un libro di destra questo.

È vero che il fascismo ha cercato un po’goffamente di impadronirsi dell’antica Roma, a partire dai simboli dell’aquila e dei fasci littori. Ma il mito di Roma è nato prima e dura oltre il fascismo, ogni imperatore nella storia si è sentito il nuovo Cesare e ogni rivoluzionario si è sentito il nuovo Spartaco. L’aquila è un simbolo universale del potere, e tutti gli imperi si sono presentati come gli eredi di quello romano».

Come spiega questa rinnovata attenzione su Roma, che trova ambiti spesso estranei alla storia come i social, come su Tik Tok in particolare dove gira la domanda “quante volte al giorno pensi all’impero romano” o in televisione dove in una puntata di Ulisse Alberto Angela elogia Roma come luogo di accoglienza e di una sessualità libera?

«Angela ha ragione sia sul fatto che i romani integravano i nuovi venuti, chiunque poteva diventare romano, non erano razzisti, anche se ogni tanto facevano un giro di vite rimpatriando alcuni emigrati. E quanto alla sessualità è storicamente provato che Cesare ad esempio e come lui tanti, era bisessuale, lo chiamavano la regina di Bitinia (appellativo che usa anche Dante nel Purgatorio a proposito di Cesare) per il suo amore con il re Nicomede, e anche la moglie di tutti i mariti e il marito di tutte le mogli. Quanto alla domanda come mai Roma oggi ancora così presente, bisogna dire che Roma antica è viva. È presente nelle tante parole che usiamo quotidianamente; nei film che sin dagli esordi del cinematografo hanno attinto alla sua storia per nutrire il nostro immaginario: un elenco lunghissimo di titoli, che sono diventati fumetti, e oggi anche serie televisive. Ma è tutto lOccidente che è impregnato ancoraa oggi di echi di Roma antica».

Nel suo libro a proposito di Roma antica, di quel suo essere impero infinito, lei trova e illustra punti di contatto tra Roma e sistemi contemporanei, in particolare tra Roma e gli Usa e tra Roma e la rivoluzione digitale.

«L’impero Usa si è comportato e si comporta come quello romano, imporre la sua influenza senza intaccare la peculiarità dei paesi che anzi ingloba come alleati nella sua sfera d’azione. Quanto al mondo della rete, i cui campioni da Zuckerberg, grande appassionato di Augusto a Elon Musk, che si incorona imperatore di Marte a Bill Gates, che cos’altro non è se non una grande comunità, fatta di persone che non si conoscono tra di loro ma che in qualche modo condividono lo stesso linguaggio e gli stessi codici, che è poi quello che fece Augusto quando prese le redini dell’impero. E questi padroni della rete si sentono un po’ come i nuovi imperatori».

Lei scrive: “La civiltà romana è viva, e noi italiani ne siamo indegnamente gli eredi, e di questo dovremmo essere più consapevoli e orgogliosi”. Non è che dall’orgoglio all’idea di superiorità, di questi confusi tempi, il passo è breve?

«Ma no, noi italiani non abbiamo grande stima di noi stessi, e tutto quello che ricorda le virtù civili e anche militari di cui sono stati capaci i nostri antenati non può che farci bene. L’Italia è importante nel mondo perché qui è nata questa cultura che tiene insieme cristianesimo e antichità classica, che sono poi la basi morali e civili dell’Occidente».

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