Quando i contadini in Friuli imposero la propria voce e nacquero le Leghe bianche

Gianfranco Ellero

Nell’autunno del 1919 accaddero in Friuli tre eventi degni di memoria: il 3 di ottobre era apparso “Il Friuli”, settimanale del Partito Popolare Italiano, fondato a Udine in febbraio; il 26 dello stesso mese erano state fondate le Leghe bianche, ovvero i sindacati dei contadini; il 16 novembre il Partito si era piazzato al secondo posto alle elezioni politiche generali.

La discesa in campo dei popolari nel 1919 aveva preoccupato in particolare i liberali, che vedevano svanire la pace sindacale nelle loro campagne e temevano la perdita del sostegno elettorale dei cattolici, esclusi dalla lotta politica per volere del Papa, come è risaputo.

I socialisti, a loro volta, date le profonde discriminanti ideologiche e programmatiche, non percepivano il pericolo sul piano elettorale, bensì su quello sindacale. Fino a quel momento erano stati loro (e anche i radicali di Girardini per la verità) a organizzare scioperi fra gli operai, che tuttavia erano pochi in Friuli e concentrati nei centri principali.

Non possiamo meravigliarci, quindi, se contro il giornale e le Leghe spararono ad alzo zero sia il “Giornale di Udine” da destra che “Il Lavoratore Friulano” da sinistra.

Per fronteggiare le “leghe il 24 dicembre del 1919 i proprietari terrieri fondarono la Sezione economica e sociale nell’ambito dell’Associazione Agraria Friulana.

La Sezione all’inizio negò l’esistenza di una questione agraria; poi tentò di delegittimare le Leghe dichiarandole non rappresentative; infine, agitando lo spauracchio di accordi con le Leghe rosse, si dimostrò disposta a concessioni marginali.

Durante le trattative la Sezione si irrigidì fino al punto che le Leghe, per protesta, proclamarono lo “sciopero bianco”: i mezzadri, trattenendo la metà dei bozzoli fino all’uscita della farfalla, avrebbero procurato un grave danno!

Alla fine, nella primavera del 1920, fu firmato il nuovo patto colonico, favorevole ai mezzadri, ma i proprietari non si rassegnarono alla sconfitta: si appellarono al governo e avviarono trattative con le Leghe rosse!

“Il Lavoratore Friulano” del 17 ottobre 1920 scrisse, quindi, che i “bianchi”, “in tonaca nera o senza, vanno seminando per le campagne l’odio più feroce, aizzando i contadini contro gli operai, contro i ferrovieri [non contro i proprietari terrieri, si noti], condendo le viltà parolaie con la bellezza racchiusa nella dottrina di Cristo”.

Ma bisognava ostacolarli anche sul campo, i sindacalisti bianchi, non solo sulla carta stampata. Ed ecco allora il giovane Tiziano Tessitori costretto al silenzio in una trattoria di Cordenons da una folla minacciosa, e liberato a tarda notte dai carabinieri in un’osteria di Rivignano assediata dai socialisti.

Nei mesi seguenti, segnatamente oltre Tagliamento, i proprietari praticarono varie forme di ostruzionismo e, per ritorsione mirata, disdissero i contratti con i mezzadri più attivi nelle lotte sindacali.

Le Leghe dovettero allora impegnarsi in un’altra battaglia e riuscirono a far approvare la legge 7 aprile 1921, che dava facoltà al prefetto di sospendere le disdette in casi particolari.

Anche nel 1922 le Leghe dovettero lottare per ottenere dal prefetto un nuovo decreto di blocco delle disdette, ma quella fu l’ultima loro vittoria in quanto nel 1923 il fascismo si schierò dalla parte dei proprietari.

A conclusione di questa breve rievocazione (per approfondimenti, “Storia del Movimento Cattolico” di Tiziano Tessitori) è giusto ricordare che Leghe bianche svolsero un’azione efficace anche per sollecitare la liquidazione dei danni di guerra, e il 21 agosto 1920, nel Congresso provinciale, annunciarono lo sciopero fiscale: perché versare imposte a uno Stato debitore per danni di guerra?

La decisione, coraggiosa e rivoluzionaria, poté trovare pratica applicazione solo in quei paesi in cui, come ad Artegna, le Leghe poterono contare su una popolazione compatta e solidale.

Fu breve la vita delle Leghe bianche, ma feconda e gloriosa. —



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