Qui la tradizione si sposa con le scelte dell’oggi: «E ci vuole tanta passione»

La famiglia Petris viene su con 105 mucche e un centinaio di capre. «Aspettiamo ancora la strada e intanto facciamo formaggio e ricotta»

Se nella puntata precedente avevo incontrato il rapporto tra la conservazione e la modernità di malga San Giacomo, la fotografia successiva mi rimanda ad un luogo che amalgama fluidamente i due elementi: malga Losa, presidio Slow Food a una giornata di cammino da Ampezzo è dove la tradizione convola a nozze con le scelte della contemporaneità. È esempio raro, quando si è in presenza di un deficit di linearità tra mantenimento e innovazione. Per fare in modo che tutto ciò non resti narrazione bensì viva rappresentazione, bisogna essere in tanti. «Siamo una squadra di sette persone, più nostra madre che è un po’ la mascotte», racconta Luciana mentre sta lavando la cjalderia rivestita in rame, una patina talmente lucida che specchiarsi nella propria fatica soddisfa l’anima, così come quelle risposte giuste durante l’interrogazione. Malga Losa è la guarnigione dei viaggi a piedi, delle transumanze secolari, dell’armonia di quella mandria e del gregge che il 17 giugno, in quasi dieci ore di salita raggiungono i circa 1750 metri sul livello del mare. «Veniamo su con 105 mucche e un centinaio di capre calpestando quasi 30 chilometri di strada. Solitamente rimaniamo fino a settembre, un po’ come tutte le malghe».

«Un lavoro lo fai per tanti motivi. Forse rincorri solo una sera magica della tua infanzia, quando le voci, i visi e i rumori si incrociavano e ti portavano leggeri nel sogno». Queste parole sono di Ulderica Da Pozzo che molto prima del sottoscritto ha raccontato, soprattutto per immagini, questo mondo sospeso. «Ci vuole tanta passione per fare questo mestiere», dice Gianni, malgaro dal viso buono. La famiglia Petris tiene a questi monti più di chiunque altro. «Qualche anno fa è arrivato qui un tipo molto particolare. Era un australiano coperto da 47 giubbini. La sera, ad un certo punto si è messo due tappi di birra sugli occhi e ha tirato fuori un naso rosso di plastica: sono il clown della via Alpina, diceva», racconta Luciana, divertita nel raccontare questo aneddoto simpatico. La simpatia è un elemento che non manca, qui alla Losa. Lo sa bene anche Sayid, ragazzo marocchino che da dieci anni dà una mano alla famiglia Petris.

Una delle rappresentazioni contemporanee dei luoghi e delle storie risiede nell’online, che spesso viene aggettivato come virtuale – anche se è solamente digitale. Luca Petris rimane quasi sempre a valle, ad Ampezzo e nei mercati di Lateis e Pesariis, curando il modo giusto per “narrare” la quotidianità nella malga. Malga Losa infatti ha una pagina facebook e un sito – attualmente in fase di ristrutturazione – che con gusto ed eleganza raccontano la vita di ogni giorno. «Modernità e tradizione possono convivere», spiega Luciana. «Ulteriormente, ospitiamo ogni anno degli studenti dell’Istituto Agrario di Cividale che decidono di salire a lavorare con noi». Elia è uno di questi. «Alla fine dell’anno grazie ai professori abbiamo la possibilità di scegliere una realtà dove frequentare uno stage e quest’anno sono tornato perché la stagione precedente mi ero trovato benissimo». Malghe e scuole. Quando ci si ritrova di fronte alla delusione causata dalla poca partecipazione giovanile bisognerebbe riaccendere quella passione – o fare leva sulle necessità. E allora emerge un’idea, certamente realizzabile con l’aiuto della Regione stessa: e se i malghesi, a fronte di risorse stanziate, diventassero i protagonisti di un ciclo di lezioni da tenersi in tutta la verticale scolastica regionale? Se la spiegazione delle passioni e del sudore, dell’occhio di pernice e dell’affumicatura, venisse data in mano a loro, per dare il la ad una sedimentazione culturale necessaria affinché questa laica liturgia non si estingua definitivamente? «Sarebbe molto bello», commenta Luciana. Alla Losa si arriva percorrendo la strada che da Ampezzo porta a Sauris. Al bivio per Lateis si svolta a destra e si segue la lunga pista che, seguendo le indicazioni, porta alla malga. Si può inoltre telefonare al numero 3295330611 o inviare una mail a info@famigliapetris.com. Fanno formaggio di malga e le ricotte e il burro. Dieci euro la forma, dodici al chilo. Non hanno posto per dormire, ma un approccio consapevole nei confronti del mondo che circonda tutti noi. «Per spiegare la malga c’è un’unica lezione: venire qui e provarla sulla propria pelle. Infilare gli stivali di gomma, mungere; lavorare per salvare le stalle a valle, battersi affinché un litro di latte non venga svenduto, sperare che i giovani tornino a fare questo mestiere, fare in modo che la gente e le istituzioni capiscano che gli altri nove mesi giù a valle sono fondamentali, e che la malga non sono i novanta giorni lassù nei boschi con Annette o Heidi, ma soprattutto promesse da mantenere», conclude Luca. A proposito assessore Shaurli, lo sa che su in Losa aspettano ancora la bottiglia di vino?

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