Ragonese: macché crisi, il cinema italiano c’è

SPILIMBERGO. Palermitana, splendida trentenne, 17 film in attivo e altri due in fase di lavorazione. È l’identikit di una delle attrici piú promettenti del panorama cinematografico italiano: Isabella Ragonese.
Dopo essersi cimentata in commedie di grande successo come “Tutta la vita davanti” di Paolo Virzí, avere lavorato con registi emergenti (come nel caso di “Dieci Inverni” diretta da Valerio Mieli o “Il Primo Incarico”, film d’esordio di Giorgia Cecere con cui Ragonese ha lavorato anche per il secondo nuovo film di prossima uscita) o affermati come Daniele Luchetti, Carlo Mazzacurati e Mario Martone, la giovane interprete ha approfittato di un momento di pausa, per presenziare in qualità di madrina, a Spilimbergo, alla cerimonia di premiazione della prima edizione di “Le Giornate della Luce.
Omaggio agli autori della fotografia del cinema italiano”, festival nato con l’obiettivo di celebrare il ruolo degli Autori della Fotografia del nostro tempo, i Maestri della Luce.
La manifestazione, presieduta da un grande maestro della fotografia, due volte candidato all’Oscar, come Dante Spinotti e la cura artistica dall’autrice, regista e conduttrice Gloria De Antoni con Donato Guerra, presidente dell’associazione Il Circolo, ha festeggiato idealmente nell’ultimo fine settimana le giornate piú luminose dell’anno, quelle del solstizio d’estate, all’interno di una cornice d’eccellenza, la città del mosaico, che per la sua bellezza, nonostante il meteo birichino, ha piacevolmente colpito la bella attrice siciliana, particolarmente felice di avere tenuto a battesimo una manifestazione assolutamente inedita nel panorama cinematografico nazionale.
Un ruolo, quello del direttore della fotografia, particolarmente caro a Ragonese: «Nella mia carriera, di Maestri della Luce, ne ho incontrati molti e devo dire che, spesso, con loro, si instaura un rapporto ancora piú forte, piú intimo se possibile, rispetto alla relazione stessa con il regista» spiega Ragonese, sottolineando come «il direttore della fotografia rappresenta l’occhio dal quale l’attore si sente guardato» e, aggiunge «se pensiamo all’attore classico, quello della tragedia greca con la sua maschera, la luce del fotografo rappresenta proprio la nostra maschera, una maschera moderna, che può illuminare o meno il nostro viso, renderlo cattivo o dolce a seconda della sua intensità».
Fotografia, croce e delizia, per la “luminosa” attrice palermitana che, nonostante la sua indiscutibile bellezza, dice «di amare molto guardarla, meno essere ritratta».
«Una fotografia in genere mi colpisce molto quando mi racconta uno storia - afferma Ragonese - perché le storie sono importanti, lo sono anche quando scelgo un film, seppure rappresenti un elemento importante, ma non peculiare rispetto alle scelte che faccio. Ci sono belle sceneggiature che magari poi non vengono realizzate bene e viceversa, quindi anche sapere chi sarà il regista di quel film o chi sarà il suo direttore della fotografia sono variabili da tenere in considerazione».
Un’attrice, Ragonese, che non ha particolari preclusioni a lavorare con l’uno o l’altro regista, che non cerca il grande nome e, anzi, non disdegna i giovani autori che possono rappresentare ottime sorprese.
E sulla presunta crisi del cinema italiano? Isabella ha le idee chiare: «Sono cresciuta con il mantra che il cinema italiano è in crisi, ma se penso ai nostri tre registi andati con i loro film a Cannes, Sorrentino, Garrone e Moretti o al vincitore del Donatello di quest’anno, Gioacchino Criaco, regista di un film che amo molto come “Anime nere”, mi chiedo dove sia la crisi di cui parlano?».
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