Recalcati: «L’arte? Estrarre la forma dall’informe»

Il pensatore sarà il 26 a Librinsieme col nuovo Il mistero delle cose. Una dedica a Giorgio Celiberti
Di Fabiana Dallavalle

«Interrogo su quale sia il segreto più profondo di un’opera d’arte. Questo segreto io lo chiamo l’inconscio dell’opera. Ogni opera d'arte degna di questo nome ci appare come un testo inesauribile, intraducibile, come un enigma che non si lascia mai risolvere. È questo che mi interessa quando guardo un quadro: quale segreto vi è custodito?». Massimo Recalcati, autore di Il mistero delle cose (Feltrinelli) riprende dopo alcuni anni la sua riflessione sull’arte, muovendosi in direzione opposta al conformismo intellettuale, al contrario suggerisce che è l’arte a metterci in contatto con l'ineffabile. «Quella contemporanea ha sviluppato un culto morboso nei confronti dell’informe, dell’abietto, dell’escrementizio, dell’orrido. È quella che Perniola ha giustamente definito il realissimo psicotico. Io credo che la grande arte si distingua per la capacità di dare forma all’informe. Ne abbiamo esempi straordinari nei lavori di Burri o di Kounellis. La bellezza delle loro opere non risponde più, ovviamente, ai criteri tradizionali di proporzione ed armonia. Nondimeno essi hanno un senso sacro, metafisico, della forma. Certo, la bellezza delle loro opere è una bellezza ferita. Non siamo di fronte alla bella forma della pittura tradizionale. C’è più poesia in un sacco di Burri che nel volto di un santo. Come affermava Nietzsche la spinta dell’artista è sempre quella di raggiungere una forma. Senza forma c’è il caos, la caduta del sentimento estetico, la distruzione. Estrarre la forma dall'informe è il compito specifico dell'arte».

Nove gli artisti italiani raccontati dallo psicanalista che sarà Ospite di Librinsieme il 26, alle 17.30, Giorgio Morandi, Alberto Burri, Emilio Vedova, William Congdon, Jannis Kounellis, Claudio Parmeggiani, Alessandro Papetti, Giovanni Frangi e il "nostro" Giorgio Celiberti.

«Un momento fondamentale della vita artistica ed umana di Celiberti è l'incontro con il campo nazista di Terezin. In quel campo venivano ammassati bambini ebrei destinati alla morte. Sulle mura delle camerate il pittore incontra graffiti, segni, scritture infantili che egli interpreta come se fossero grida, invocazioni disperate. Di qui, la scelta di Celiberti di rispondere con la sua arte a queste grida. Da qui l’apparizione nella sua pittura del muro. Non ha dipinto da quel momento in poi altro che muri, straordinaria poetica del muro che avvicina l’opera di Celiberti a quella di Antoni Tapies. Il nero, il grigio, le tonalità scure, i cuori, le farfalle, i segni del tempo stratificano i muri di Celiberti rendendoli vere opere di poesia. Nel tempo egli raggiungerà la resurrezione del bianco. L’acuzie del trauma lascerà il posto alla dimensione umanissima del perdono. in questo libro ho voluto omaggiate il grande maestro di Udine mettendolo allo stesso livello di Giorgio Morandi, Alberto Burri ed Emilio Vedova.

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