Ritorna Ben Pastor, il destino e l’uomo giusto nella divisa sbagliata

“La finestra sui tetti” è il nuovo libro della scrittrice, protagonista della storia è un colonnello della Wehrmacht

Filippo Tosatto
La scrttrice di romanzi e gialli storici Ben Pastor
La scrttrice di romanzi e gialli storici Ben Pastor

Tacchi che sbattono. Ordini come latrati. La patria Über alles. Un uomo giusto nella divisa sbagliata, quella della Wehrmacht nel secondo conflitto mondiale. È l’epopea del colonnello Martin Heinz Bora, una figura solitaria e malinconica, lacerata tra la fedeltà alla bandiera dei padri e l’impulso di ribellione alla spaventosa dittatura nazista.

È la saga della narratrice italo-americana Ben Pastor, un ideale romanzo corale in più titoli che abbraccia la guerra civile spagnola e la Francia occupata, la retrovia di Boemia-Moravia e l’attacco a Creta, l’invasione della Russia, gli agguati nella “città aperta” di Roma, le macerie bombardate di Berlino.

Fino al Veneto, campo di battaglia dopo l’8 settembre 1943, che compare in forma di racconto nella raccolta La finestra sui tetti (Sellerio, 400 pagine, 16 euro) e ci conduce a Lago, un ambiguo paesino veronese parte della Repubblica di Salò, scosso dal brutale omicidio di un prete. Niente spoiler, s’intende.

Sassone, cattolico, poliglotta, ufficiale di carriera “prestato” all’attività investigativa, Bora affronta intricatissimi misteri criminali scontando (come osserva Luigi Sanvito nell’illuminante introduzione), «il paradosso di chi indaga con coscienza su singole morti mentre tutt’attorno infuria l’apocalittica carneficina della guerra, assassinio legalizzato per eccellenza».

Così, alla suspense psicologica fa riscontro l’evoluzione interiore del personaggio, tutt’altro che lineare e rassicurante. E se nel poliziesco classico la soluzione dell’enigma e il castigo del colpevole ripristinano l’equilibrio violato, qui la verità è sempre precaria, ostaggio di volontà superiori se non messinscena utile a proteggere segreti inconfessabili.

Gravato dal “disordine del mondo”, educato al rigido senso del dovere, Martin Bora coltiva il valore della giustizia ma fatica a conciliare l’etica kantiana al Vangelo e inanella drammi e sofferenze private – la morte del fratello aviatore Peter, la mano amputata da una granata, l’abbandono dell’amatissima moglie Dikta – che lo spingono al pessimismo esistenziale.

Cortese nei modi, implacabile nell’azione: combatte con furia i nemici, manda a morte i ribelli catturati in armi ma rifugge la barbarie, protegge i “patrioti leali” dagli artigli della Gestapo, rischia la pelle per salvare un convoglio di ebrei destinati allo sterminio. A dispetto dell’estrazione altolocata, sembra trovare pace solo al fronte, in compagnia dei fedeli veterani.

Un eroe tormentato, fascinoso, destinato in partenza alla sconfitta, come l’alter ego Claus von Stauffenberg, lo sfortunato attentatore alla vita di Hitler che sembra ispirarne la progressiva opposizione al regime. Non solo fiction letteraria. Le sue avventure, corredate da una puntuale ricostruzione storica, ci svelano il “cuore nero” del Terzo Reich, troppo spesso esorcizzato o misconosciuto dalla memoria resistenziale.

Le SS: ben più di una massa di manovra stragista, uno “Stato nello Stato” a vocazione multinazionale (reclutava agenti e soldati in ogni Paese europeo), dotato di enormi risorse e assoluta autonomia, obbediente solo al Führer. Le agenzie di sicurezza interna e controspionaggio, un groviglio di poteri in feroce e convulsa lotta di potere, l’antitesi dell’idillio patriottico propagandato dal ministro Joseph Goebbels.

Il contrasto politico, culturale e di classe, tra gli junker – il tradizionale ceto dominante prussiano – e gli sguaiati “plebei” a capo del partito nazionalsocialista, a loro volta in costante competizione.

L’asservimento alla svastica dei potentati industriali e finanziari, compensati con profitti colossali che ne garantiranno il primato nella poderosa rinascita economica del dopoguerra. La colpevole inerzia dell’élite aristocratica e borghese, cosciente della follia in atto eppure restia, fino al disastro finale, a spingersi oltre la critica “estetica” al regime.

È una dolente complessità, quella che muove l’ufficiale tedesco, tormentato dal delitto e dalla guerra, infine cospiratore in odio al Reich nazionalsocialista. Figlio legittimo dell’ora più buia del Novecento.

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