Santa Maria Assunta, la chiesa-casa

A Udine in viale Cadore, poco prima del cavalcavia che porta all’ospedale, c’è una strana costruzione, incassata fra due alti condomini, sopra una collinetta: la tipica villetta degli anni Sessanta/Settanta del novecento. In realtà è la chiesa detta di Santa Maria Assunta, costruita nel 1975.
Non è facile identificarla come edificio di culto perché non ha alcuna delle caratteristiche di una chiesa tradizionale e nemmeno alcun simbolo religioso. Per scelta dei progettisti e dei parrocchiani non fu collocata nessuna croce e non fu costruito neanche il campanile. Non aiuta alla sua identificazione come luogo di culto neppure la targa sul muretto di recinzione, all’ingresso verso il viale, perché è inciso: “Parrocchia dell’Assunzione della Beata Vergine Maria” (questa la sua denominazione esatta), e non “Chiesa dell’Assunzione”. Non c’è nemmeno una facciata principale: nulla.
Molti scambiano così per chiesa il vicino condominio che è alto, e sulla facciata ha un timpano e un rosone! Quando poi dal portico si entra nel piccolo atrio e da lì all’interno della chiesa il disorientamento è ancora maggiore perché si cammina su un pavimento tutto di legno e in uno spazio nuovo, nel quale primeggia una scarna e grande mensa, anch’essa di legno. In altre parole, anche l’interno della chiesa, non ha nulla dell’archetipo dello spazio religioso. Eppure proprio di una chiesa si tratta: una Chiesa con la “C” maiuscola, la Ekklesia dei primi cristiani, che con questo termine definivano la comunità dei credenti. Le domus ecclesiae, dove si riunivano, erano grandi case private, con una semplice mensa e un ampio spazio attorno per l’assemblea (deriva da esse anche la chiesa di Aquileia). Non erano templi ma luoghi dove si pregava e si svolgevano altre attività comunitarie.
Per capire questa strana chiesa udinese bisogna immergersi nel contesto spaziale e culturale che la ispirò. Erano gli anni del dopoguerra con il boom economico, e le disordinate espansioni edilizia e della motorizzazione privata, ed erano gli anni successivi al Concilio Vaticano II (aperto l’11 ottobre 1962 e chiuso nel 1965), che aveva prodotto in intenso rinnovamento nella Chiesa e nella società. «Mettete nelle chiese la semplicità, la serenità e il calore delle vostre case», disse Papa Giovanni XXIII agli architetti francesi. Poche parole che sintetizzano una delle nuove idee del Vaticano II: favorire una maggior partecipazione attiva dei fedeli. Dal 1965 al 2012 furono costruiti in Italia più di 5.000 complessi parrocchiani, ma solo in pochissimi casi le nuove idee furono tradotte in spazi nuovi. Il Concilio non fu capito o apprezzato da molti religiosi e così non riuscì a formare una mentalità veramente nuova nei committenti. La chiesa dell’Assunzione della Beata Vergine Maria è l’unica, fra quelle post-conciliari realizzate in città e nella nostra regione (anche nell’imponente ricostruzione del post-terremoto del 1976), che ha saputo dar forma alle indicazioni del Concilio e tradurre nello spazio l’autentico “spirito comunitario”. Solo in questa chiesa, sia all’interno sia all’esterno, si è immersi totalmente nel nuovo e si respira quell’aria di casa, semplice e comunitaria, che don Nicola Borgo e il progettista hanno realizzato con il contributo, anche materiale, di tutta la comunità parrocchiale, dopo aver anche visitato le églises maison (chiese-casa) francesi e belghe per affinare le loro idee.
Santa Maria Assunta: una église maison è il quaderno (edito dall’Ecoistituto del Friuli Venezia) che racconta, per le cure di Francesco Chinellato e Anna Pellegrino, questa storia a chi non la conosce. Domani, alle 17.15, la presentazione, nell’aula della chiesa. Ne sono autori quattro professionisti udinesi, due architetti e due ingegneri. Luciano Di Sopra descrive gli aspetti urbanistici e funzionali, mentre Alberto Caroncini (uno dei progettisti) si occupa il lungo iter progettuale (durato 10 anni: dalla chiesa provvisoria, inglobata poi nella nuova costruita nel 1965, a quella attuale terminata nel 1975). Francesco Chinellato analizza gli aspetti architettonici e costruttivi e chi scrive, in due articoli, racconta il contesto urbano, un luogo periferico e senza storia, e le idee del Vaticano II. In una lunga intervista di Anna Pellegrino, alla fine del volume, don Nicolino Borgo illustra il contesto culturale e religioso di quel periodo e le idee che, assieme ai parrocchiani, lo sostennero nella costruzione della chiesa parrocchia. Perché, come l’autrice, don Nicola è stato ed è tuttora un costruttore «di chiese e di anime».
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