«Squadra antimafia sdoganò le prime donne forti in Tv»

Ne parla lo scrittore friulano Garlini che ha firmato la decima e ultima puntata «È un genere vincente con una narrazione perfetta per coinvolgere il pubblico»
Di Gian Paolo Polesini

GIAN PAOLO POLESINI. Tastiamo le cose di mafia con una frenetica sovrapposizione di morti, fughe, inseguimenti, speranze, sconfitte, finali mozzi (eh, quelli sì, mai una gioia) da una vita, ormai.

31 marzo 2009: Palermo 1992. Sono scivolati via un paio di mesi dalla strage di via D’Amelio e subito si rivelarono le due nemiche del futuro: Rosy Abate, ancora giovinetta e pulita, e l’energica poliziotta della Duomo Claudia Mares. Che mattanza! Si pensò a un ciclo secco, di quelli senza uscita, come capita. Da casa, invece, partì un’ideale ola e lo share salì a mille.

Squadra antimafia è una serie che non smette di correre; e, infatti, sta girando ora su Canale 5 l’ottava collezione autunno/inverno con un sottotitolo ben preciso: Il ritorno del boss.

Lo scoprire che lo scrittore friulano Alberto Garlini si è preso cura proprio dell’ultima puntata (che andrà in onda l’11 novembre) ci ha consegnato un buon motivo per farci aprire il cofano e curiosare assieme a lui nel motore di una macchina perfetta dalla potenza illimitata. Mafiosi e Stato si rincorrono da sempre e non pare esserci un the end rassicurante.

«La narrazione di genere offre emozioni infinite - spiega Garlini - è corroborata da tradimenti, vendette, rivalse, spunti di una veemenza pazzesca e tutta questa poltiglia emozionale è nutrimento continuo per la mente».

C’è sempre un incipit determinante in ogni avventura. «Non ci pensavo proprio alla fiction - ammette - ma il solito incontro non previsto, nello specifico a Cortina con il produttore Pietro Valsecchi, provocò un domino benefico che mi travolse fino alla richiesta di sceneggiare la decima puntata dell’ottava serie, mentre in Tv stava andando la settima. Che fai, dici di no?».

In questi casi ci sarà una posologia precisa, immaginiamo, fissata su qualche foglietto, come quelli che stanno nelle scatole dei medicinali. «Il passo numero uno è la lettura della bibbia, ovvero un centinaio di pagine che conservano il sapore deciso di tutta la vicenda, munite di intrecci, sorprese, rivelazioni, eventuali addii, ma senza una riga di dialogo. Di quelli ci si occuperà poi. C’è un caposcrittura, nella fattispecie Sandro Dazzieri, il nostro faro, l’uomo che raccoglie e riordina i pensieri degli scrivani. Il set riassumerà le centinaia di ore chine sul computer di un team dall’azione facile».

L’istinto di sgarfare (come dicono all’Udinese calcio) nei fattacci di Ulisse Mazzei, il boss di Ennio Fantastichini, per capire come andrà a finire ’sta storia, è piuttosto robusto, ben certi che Garlini non parlerebbe nemmeno legato con un precipizio sotto.

«Sarà una coda intrigante, lo garantisco. Ciò che mi preme evidenziare, invece, è la presenza di donne forti, mai viste in televisione così, semmai erano femme fatale, ma i duri veri indossavano giacca e pantaloni. Squadra antimafia le ha sdoganate, consegnando loro un ruolo che ben tratteggia un contemporaneo sempre più a ruoli invertiti».

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