Tra Poe e Lovecraft: nelle “Leggende friulane” demoni e vita fantastica di Carlo H. De’ Medici
Cliquot ripubblica una raccolta del 1924 dell’autore gradiscano che ha lasciato testi che evocano un tenebroso Medioevo immaginario

Terre pietrose e riarse con castelli turriti, villaggi miasmatici ed eremi desolati sono la tetra scenografia di una serie di evocativi racconti ispirati alle leggende e al folklore dell’area più orientale del Friuli. Un Medioevo discronico in cui protagonisti sono cavalieri e dame, principi e popolane, ancelle e masnadieri, figure storicamente esistite e personaggi di fantasia, oltreché diavoli, fantasmi e raffigurazioni mitiche della tradizione locale.
È questo il contesto di Leggende friulane (96 pagine, 22 euro), terza pubblicazione che la casa editrice romana Cliquot edizioni dedica al misterioso autore di Gradisca d’Isonzo Carlo H. De’ Medici: fra Poe e Lovecraft, un maestro del gotico che è rimasto dimenticato per quasi un secolo, ma da alcuni anni è al centro di una minuziosa attività di riscoperta. Tanto da divenire già un cult fra gli amanti del macabro e del bizzarro. «Talmente singolare - spiega Federico Cenci di Cliquot - da costringere gli studiosi a ridisegnare la mappa del gotico italiano degli inizi del Novecento».
“Leggende friulane” è la riedizione, in elegante versione fuori catalogo in carta pregiata (2000 copie) di una raccolta di racconti uscita per la prima volta nel 1924, in due versioni: un’edizione popolare concessa dall’autore al giornale “L’emigrante” e una di lusso, autografata e numerata, entrambe edite da Bottega d’Arte di Trieste.
Segue le (ri)pubblicazioni di Gomòria (2018) e “I Topi del Cimitero” (2019). Con il suo consueto stile raffinato e retró, denso di richiami esoterici, questa volta De' Medici propone sei storie in cui il macabro e il morboso sono la suggestione di sottofondo alle avventure cavalleresche che trattano, come nella migliore tradizione, di amore, morte, onore, peccato ed espiazione.
Poco si sa della vita, e nulla della morte (se non la recente scoperta della data e del luogo: 1956 a Como) di De’Medici, vero cognome Hakim. Come se l’autore avesse voluto cancellare ogni traccia di sé. La villa in cui ha vissuto però esiste eccome.
Lo ha scoperto l’appassionato di storia locale Furio Gaudiano: si trova in via Gorizia, a Gradisca, proprio di fronte all’antica hostaria Mulin Vecio: e reca ancora lo stemma di famiglia. Il padre di Carlo, Giovanni Hakim, era un ricco banchiere ebreo parigino. Cosa abbia portato la famiglia Hakim (autorizzata ad aggiungere il cognome De’ Medici con regio decreto del 1889) a spostarsi a Gradisca, è un altro mistero.
Forse la presenza dell’antico ghetto ebraico. Carlo si trasferì nella Fortezza dopo la morte del padre, nel 1900. Successivamente lo scrittore “maledetto” vendette la villa e si trasferì in Lombardia e lì se ne persero le tracce. Studioso di scienze esoteriche e alchemiche, appassionato di Poe, Villiers de L’Isle-Adam e Huysmans, De’Medici inseriva nelle sue storie elementi inediti e personali, frutto delle sue ricerche interiori e del lungo studio di antichi testi di occultismo.
«Le sei leggende raccolte in Leggende friulane - spiega la studiosa Antonella Gallarotti, autrice della prefazione - sono ambientate tra Gorizia e i suoi immediati dintorni, Strassoldo, Gradisca e – unica eccezione ai confini della contea – Cividale del Friuli, dove però la vicenda è strettamente collegata alla conflittualità fra i conti di Gorizia e i patriarchi di Aquileia». Leggende che non appartenevano tout court al patrimonio folkloristico locale, ma sono da attribuirsi esclusivamente alla fantasia dell’autore, e che solo in seguito alla pubblicazione nel 1924 hanno cominciato ad entrare nel corpus delle storie e leggende locali.
L’unica delle sei che può sembrare ispirata a una leggenda già esistente è quella della Dama Bianca che apre il volume, ma la lettura del testo mostra subito che si tratta di un racconto del tutto originale, che riprende solo nel titolo la leggenda della Dama Bianca del castello di Gorizia (non la Dama Bianca di Duino) che appare accompagnata da cani spettrali e talvolta causa la morte delle sentinelle di guardia, simile al fantasma della contessa Caterina che compare ogni sette anni con le stesse modalità.
Totalmente originale e assente da ogni precedente raccolta di leggende del Goriziano e del Friuli è il racconto dedicato a Adalgisa della Groina, mentre quello ispirato alla bellissima Ginevra di Strassoldo prende le mosse da un episodio storico di accordi di matrimonio non mantenuti e dei conflitti seguiti.
Al torrione delle mura di Gradisca d’Isonzo chiamato “della Spiritata” si ispira la leggenda omonima della giovane Lucia che impazzisce per amore dopo aver perduto il cuore che il suo innamorato le aveva lasciato in pegno a garanzia del suo ritorno.
«Neppure fra’ Mauro, l’eremita del San Valentin, che costringe il diavolo a edificare una chiesa dedicata alla Vergine Maria ma perde il suo potere su Satana quando dopo sette giorni di preghiera si addormenta, si trova in nessuna antologia, come nessun altro se non De’ Medici ha raccontato i macabri particolari della vendetta per l’assassinio del patriarca Bertrando con “La beffa di Richinvelda”», assicura Gallarotti.
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