Trasformazioni 1856-2022, una mostra ospita 90 foto sulla vita in Friuli

Venerdì 17 novembre l’inaugurazione della rassegna nella chiesa di San Francesco, a Udine

Alvise Rampini
Alcune fotografie in esposizione nella mostra Trasformazioni 1856-2022 che sarà inaugurata nella chiesa di San Francesco a Udine: in alto da sinistra, Elio Ciol - Chiesetta votiva Remanzacco (1961), Silvio Maria Buiatti - Roveri (1950). In basso, Riccardo Toffoletti - Mersino (1968) e Attilio Brisighelli -Caccia al daino (1925)
Alcune fotografie in esposizione nella mostra Trasformazioni 1856-2022 che sarà inaugurata nella chiesa di San Francesco a Udine: in alto da sinistra, Elio Ciol - Chiesetta votiva Remanzacco (1961), Silvio Maria Buiatti - Roveri (1950). In basso, Riccardo Toffoletti - Mersino (1968) e Attilio Brisighelli -Caccia al daino (1925)

UDINE. Trasformazioni 1856-2022. Luoghi e persone nella fotografia artistica: questo il titolo della prima tappa del progetto triennale prodotto dall’Irpac (Istituto regionale di promozione e animazione culturale) in collaborazione con la Regione e i Civici musei di Udine, con il sostegno della Fondazione Friuli e il patrocinio dell’Università degli Studi di Udine, che verrà inaugurata venerdì 17, alle 17, a Udine, nella chiesa di San Francesco e resterà visitabile fino all’8 gennaio (venerdì dalle 15 alle 19, sabato e domenica dalle 11 alle 19). Ingresso gratuito.

Il progetto racconterà un percorso lungo oltre 160 anni nella fotografia artistica praticata nel Friuli occidentale, dalle sue prime storiche manifestazioni alla più stretta contemporaneità, seguendo il filo che unisce la ricerca, a esplicita vocazione estetica, attraverso il mezzo fotografico. L’esposizione vedrà in seguito un analogo format dedicato alle province di Trieste (2024) e Gorizia (2025),

Dalle sperimentazioni pionieristiche di metà Ottocento del conte Augusto Agricola fino alle installazioni contemporanee di Davide Degano, passando per i pittorialisti e per i neorealisti, anche la fotografia d’arte ha saputo narrare la storia sociale del nostro territorio.

La figura del fotografo che si impone nell’immaginario Ottocentesco è dunque un incrocio tra l’alchimista, lo scienziato, l’artigiano e l’artista, anche in conseguenza del fatto che molti pittori, rimasti all’improvviso senza committenza a causa della diffusione del nuovo mezzo, si convertirono alla nuova invenzione, portando in dote il proprio precedente status.

La natura spesso ibrida di molti prodotti fotografici del tempo, dipende anche da un’estetica condivisa, condizionata dal potere delle accademie, che avrebbe imposto i propri canoni anche alla nuova “arte” fotografica.

La fotografia, dalla sua nascita ufficiale nel 1839, ha avuto grandi estimatori come il poeta Pietro Zorutti che nel 1863 scriveva «Ma l’invenziòn che pàr quasi divine / Je le Fotografie» ma anche forti penalizzazioni come quella di Baudelaire che nel 1859 affermava come la fotografia fosse «il rifugio di tutti i pittori mancati».

È una storia di trasformazioni, che rivelano l’effetto dello scorrere del tempo sul paesaggio naturale e urbano, sulle abitudini sociali, coinvolgendo anche lo stesso concetto di arte, che nel corso di 184 anni è mutato radicalmente generando contrapposizioni feroci, ma che non ha mai impedito alla fotografia di giocare in contemporanea su due tavoli: quello della rappresentazione e quello della trasfigurazione, continuando a mutare come un organismo vivente.

Cambiamenti sorprendenti che possiamo misurare nelle immagini dei trentadue autori selezionati attraverso i loro diversi modi di affrontare la rappresentazione e l’interpretazione del territorio, capaci di declinare, in senso creativo, le funzioni del mezzo fotografico.

In questa prima fase non sono stati coinvolti tutti i fotografi che avevano i requisiti per rientrare in questo progetto, ma comunque si è potuto spaziare da Augusto Agricola, Giuseppe e Arturo Malignani, passando poi a Pietro Modotti e Silvio Maria Buiatti. Immancabili Luigi e Carlo Pignat, Attilio Brisighelli, Enrico del Torso e ancora Francesco Krivec, Giacomo Bront fino a Carlo Dalla Mura, Elio e Stefano Ciol, Riccardo Toffoletti e tanti altri contemporanei come Giovanni Edoardo Nogaro, Ulderica Da Pozzo, Danilo De Marco, Luca Laureati per raggiungere i nomi di Stefano Tubaro e i giovani Davide Degano e Lorenzo Zoppolato. Impossibile citarli tutti.

L’esposizione presenta 90 fotografie, molte riprodotte in grande formato, lungo un percorso concepito in senso cronologico, allo scopo di evidenziare l’evoluzione paesaggistica, antropologica e sociale, del nostro territorio e al contempo, del linguaggio dell’immagine testimone di quelle mutazioni.

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