Tre decenni di Colonos negli scatti di Danilo De Marco

Gli anni Novanta in Friuli erano attraversati da un brivido, da una vertigine emotiva e da fortunate coincidenze. Finalmente sembrava nascere un tutt’uno, in campo culturale, musicale, teatrale, cucendo i territori, i personaggi più originali, gli slanci, i talenti, e uscendo così da un isolamento, da un castello ideologico, da una tradizione un po’vera e tanto inventata, da quell’altezzosa timidezza per cui ci si rinserrava sempre nel proprio recinto senza accettare confronti e suggerimenti esterni. Tutti aspetti documentati e raccontati da Stefano Montello, il leader del gruppo Flk, in un libro illuminante su quel periodo, intitolato “La solitudine del mitilo”. Ma questo mondo in fermento, che voleva scrollarsi di dosso l’etichetta di “sotan” una volta per tutte, aveva poi bisogno di luoghi dove manifestarsi e incontrarsi.
E uno di questi universi, antichi e innovativi allo stesso tempo, diventò magicamente dal 1992 il cortile dei Colonos, a Villacaccia di Lestizza, puntino sospeso nel Medio Friuli, dove il popolo in rapida espansione dei nostri lunatici trovò ambiente e dimensione giusti per mettere in pratica i suoi sogni, che avevano poi uno scopo dichiarato, quello di decretare la supremazia dell’arte sulla politica. Federico Rossi e la sua famiglia (il fratello Benigno, Paola, i nipoti. . .) , salvando un tipico angolo rurale dalle devastazioni edilizie, porsero così agli spiriti inquieti un approdo benefico, una baia tranquilla e creativa dove rivelarsi. Questa storia quasi trentennale può essere raccontata in vari modi, attraverso le memorie dei protagonisti, gli scritti, gli articoli del tempo, ma l’efficacia maggiore è forse racchiusa nelle immagini che fanno vedere i volti, le situazioni, le atmosfere di certi momenti diventati leggendari.
Sono solamente alcuni ricordi tra i tanti di una collezione straordinaria che poi comprende intellettuali e scrittori come Erri De Luca, Carlos Montemayor, Miklos Hubay, Philippe Daverio, i nostri Amedeo Giacomini, Elio Bartolini, Tito Maniacco, e tanti ancora. Tutto questo fermento di volti ed emozioni è racchiuso nelle immagini scattate allora da Danilo De Marco, il fotografo tornato in Friuli da Parigi, dal Chiapas o dal Kurdistan, che passava rapido nel cortile tra un viaggio e l’altro, invisibile e instancabile. Ma il vero fotografo è così. È evanescente, non lo noti mentre si aggira, non ti fa mettere in posa. Scatta e va, per riapparire anche tanto tempo dopo dicendo (era un’epoca in cui naturalmente non esisteva lo smartphone): “Ho trovato un negativo, per caso! ”. Ed ecco così spuntare fuori il vero film su quella generazione di lunatici inafferrabili e simpatici. Forse l’altra faccia della Luna, cioè del Friuli.
Tutto questo è stato raccontato nella mostra fotografica intitolata “Colonos frut insumiant”, allestita a Villacaccia per l’edizione 2020 di Avostanis. Il catalogo, assieme alle immagini, propone scritti di Federico Rossi, Philippe Daverio, Anna De Simone, Gianluigi Colin, Angelo Floramo, Angelo Bertani, Giampaolo Gri, oltre che di Danilo De Marco, il quale ammette di aver trovato lì, ai Colonos, il suo Genius loci. —
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