Tre star comiche sul palco a Lignano, Giacobazzi: «Uno show improvvisato»

Il cabarettista con Paolo Cevoli e Duilio Pizzocchi all’Arena Alpe Adria: «Su Netflix con un ruolo serio»

Gian Paolo Polesini

C’è una definizione che meglio identifica questo inedito trio di grosso calibro comico?

Intanto mettiamo sul palcoscenico i tre: ovvero Paolo Cevoli, Duilio Pizzocchi e Giuseppe Giacobazzi.

Tanta roba.

«La nostra è una compagnia che mai prima d’ora aveva pensato di riunirsi sotto gli stessi fari, sebbene l’amicizia fra noi scorra da tempo»– chiarisce subito Giacobazzi, che poi si chiama Andrea Sasdelli — perché ci accomunano esperienze teatrali e lo stesso sangue emiliano-romagnolo». Cevoli è di Riccione, Pizzocchi di Bologna e Giacobazzi della provincia di Ravenna. Taaac.

L’occasione di curiosare dentro lo show è imminente: l’appuntamento con lo spettacolo è oggi, giovedì 8 giugno, alle 21. 30, all’Arena Alpe Adria di Lignano Sabbiadoro, a cura di Azalea.

Senta Giuseppe, visto che lei è il portavoce ci spieghi la nascita di questa singolare corporazione.

«La curiosità, soprattutto nostra, di vedere cosa ne verrà fuori. Non lo sappiamo nemmeno noi, mi creda. Ognuno spazierà nel suo repertorio, faremo a gara per mettere in difficoltà il collega, improvviseremo, seguiremo percorsi precisi e imprecisi, lo spettacolo avrà decine di variabili, la sera successiva sarà sicuramente diversa rispetto alla sera prima».

Un po’ come nella commedia dell’arte: c’è un canovaccio e via senza briglie.

«Proprio così. Ognuno di noi ha la sua maschera, il proprio mondo da raccontare. Talvolta ci incroceremo, altre volte no. Ecco, una cosa vorrei precisarla subito: non porto più i sandali. Da dieci anni abbondanti. Lo dico perché c’è gente che giura di seguirmi da sempre e poi mi chiede dove stanno i sandali».

Sebbene i tedeschi insistano a indossarli coi calzini bianchi, al contrario suo.

«Eh ma quelli sono davvero insuperabili, dei maestri. Un classico intramontabile. Come portano loro quel connubio, nessuno al mondo».

Se la sente di fare un respiro profondo e di parlare della sua povera terra che ha appena subìto una specie di apocalisse?

«Guardi, un dolore infinito. Ho amici e parenti che hanno perso tutto. Uno di loro, dopo tanti sacrifici, è riuscito a comprare finalmente i muri del ristorante. Ora c’è un metro d’acqua dentro. Da buttare anche la cucina nuova. E come lui centinaia di povericristi che in un paio di giorni si sono visti stravolgere la vita. Parte del nostro incasso andrà a loro, di cuore».

Scusi se ne parlo con lei. Possibile che nel 2023 non si possano prevedere simili tragedie? Con tutta la tecnologia che esibiamo con fierezza noi uomini del futuro, eh?

«Ho parlato con i signori del tempo, quelli bravi. Hanno detto che stavolta non è stato possibile prevedere la catastrofe. Era davvero inimmaginabile che piovesse in due giorni l’acqua solitamente caduta dal cielo in due anni. E poi esistono mille burocrazie e mille lotte per tenere puliti gli argini e non mi faccia dire oltre. Altrimenti, guarda. Ecco».

Comprendo, Andrea. I suoi esordi: se non sbaglio Giuseppe si chiamava il poeta contadino che amava declamare poesie surreali.

«Come spesso succede è il caso a muovere i destini. Allora facevo radio e mai avrei previsto di finire sul palcoscenico. Il mio amico Pizzocchi, giusto lui, s’era inventato il “Costipanzo Show”, che giocava sull’immenso successo di quello vero. Mi chiamò e io gli proposi il poeta strampalato. La mia carriera cominciò così».

Mai pensato di fare altro?

«Sono un uomo fortunato, me lo lasci dire. Faccio il lavoro che amo».

I comici televisivi, abituati ai canonici tre minuti davanti alle telecamere, crollano alla prova teatro, che dura un’ora e mezza. A parte quelli talentuosi. Mi permetto, senza piaggeria alcuna, d’inserirla nella categoria.

«Grazie davvero. Voglio pensare di essere bravino. (e ride). A parte tutto, il sacrificio e la testardaggine di arrivare in cima fanno moltissimo. Il successo è una miscellanea di atteggiamenti, di fortuna e di darci dentro».

Prima del cabarettista, che faceva?

«Il cretino con gli amici».

E un ruolo drammatico?

«Con “Summertime” (la serie di Netflix, ndr) ho buttato le reti per il futuro. Il mio è un personaggio serio, diciamo».

Magari prima o poi la prenderà Pupi Avati, il maestro della trasformazione dei comici. Vedi Abatantuono, Pozzetto, Boldi, De Sica.

«Deve muoversi. Io invecchio e, mi sa, anche lui».

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