Udine capofila con Ricci/Forte: il piú bell’omaggio a Pasolini

L'inizio è folgorante: da un cumulo di copertoni bianchi, una discarica metropolitana nel bagliore quasi accecante dello spazio scenico, sbuca il protagonista aggiogato a un enorme copertone bianco. Novello Atlante o moderno Sisifo sembra portare su di sé il peso di un mondo che il suo impegno di artista e intellettuale non è riuscito a cambiare, e di cui sa tutte le pericolose derive.
Comincia cosí "PPP Ultimo inventario prima di liquidazione", la nuova fatica di ricci/forte per il progetto del Css Viva Pasolini!, sino a stasera al Palamostre di Udine. Da questa immagine, metafora e simbolo di una resa dei conti di artisti che, come ricci/forte non vogliono arrendersi al becero conformismo imperante, scaturisce uno spettacolo in cui si ricostruisce il mondo poetico ed esistenziale dell'ultimo Pasolini, sublimato qui nella figura di un intellettuale alle prese con la consapevolezza del proprio fallimento, dell'aver predicato nel deserto. Che il protagonista, il bravo Giuseppe Sartori,inquieto e febbrile, condivide con un universo femminile lui pure sacrificato sull'altare del conformismo. Che irrompe in scena come cinque robot saltellanti che sdraiate sui copertoni, come in un salotto borghese, lo snobbano con domande provocatorie sul suo essere artista. Nella ricerca, poi, di una intimità complice con una di loro, il nostro si trova a condividere le doglie del parto, mentre sullo schermo che chiude la scena, scorre l'inventario del titolo, luoghi comuni e vaghe illusioni. Un tango danzato con i copertoni ne smorza poi la festevolezza.
Nell'incalzare di monologhi, di raffinata ed evocativa letterarietà, alcuni anche criptici, scaturiscono azioni sceniche suggestive e coinvolgenti, che affrontano, a esempio, la passione per il calcio, in una gustosissima coreografia stilizzata e lieve, o temi come quelli dell'amore, in voci fuoricampo tratte dai "Comizi d'amore", sottolineati poi da una processione di beghine con tanto di candele che sfocia in una scatenata festa matrimoniale, nella quale a perdere sono le donne che letteralmente scivolano sul corpo di Giuseppe, "maschio infecondo in artificiali vagabondaggi", "Dioniso smembrato", che, abbarbicato a una macchina da scrivere, si abbandona al sonno, indotto dalla favola nera di un bambino antropofago che si squarcia il petto per contare i cuori che ha divorato e non ne trova nessuno, neppure il suo. Per ritrovarsi in un vuoto, che le cinque donne cercano di colmare, chiedendogli di filmarle, la notte di Ognissanti, quando vorrebbero fare un bagno in mare. Quel mare di Ostia, dove il nostro, proprio nella notte di Ognissanti, in un finale bellissimo e straziante, compie il suo viaggio: nudo disteso sulla sabbia schiacciato da una ruota, giocata dalle donne, trasformate in innocui (?) orsetti di peluche bianchi. Ancora una volta, e questa di piú, lo spiazzamento che soggioga lo spettatore nel teatro di ricci/forte, è forte e salutare. Spettacolo densissimo e imperdibile, giustamente premiato da lunghi e calorosi applausi alla prima di giovedì.
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