Umberto Alberini racconta Parigi: un viaggio stratificato nella città

La presentazione del libro giovedì 10 aprile al teatro Benois de Cecco di Codroipo, Angelo Floramo in dialogo con l’autore

Umberto Alberini auutore del libro deicato alla città di Parigi
Umberto Alberini auutore del libro deicato alla città di Parigi

Appuntamento giovedì 10 aprile, alle 20.45 al teatro Benois de Cecco di Codroipo, per la presentazione del libro “Paris, Paris! La città e la cultura da Monet a Sartre”, di Umberto Alberin (Forum). Angelo Floramo dialogherà con Umberto Alberini, saranno accompagnati dalle letture di Elvio Scruzzi e dalle musiche di Ulisse Tonon. Pubblichiamo, per gentile concessione dell’editore, la postfazione dello scrittore Alberto Garlini.

 

Parigi è Parigi, e la Francia è la Francia. La Francia ingloba Parigi, ma a volte verrebbe più facile dire che è Parigi a inglobare la Francia (e le frequenti rivoluzioni e controrivoluzioni che avvengono tutte e immancabilmente nello spazio urbano della capitale danno testimonianza di questa dialettica imperfetta). Il libro di Umberto Alberini cerca di raccontare questa città nel suo essere unica e diversa e a staccarsi dal contesto che le contiene Mi aspettavo una Parigi sentimentale, e mi sono ritrovato di fronte a una Parigi piena di fatti e aneddoti, leggi, citazioni, indirizzi, cose concrete insomma.

Del resto, illuminista o romantica, Parigi ha contenuto la cultura europea, diventando l’idea stessa di cultura, e trasformando il francese in lingua franca, che portava per esempio i nobili russi, fieri oppositori dell’invasione napoleonica, a parlare francese nei loro salotti. Città rivoluzionaria e reazionaria, popolare e abitata dalla finissima nobiltà disegnata da Proust, dispensatrice di miserie e di fasti, era la culla delle possibilità e dei limiti che lo stare dell’uomo subiva nei vari periodi storici. A Parigi si giocavano i destini individuali e universali, dal Lucien delle illusioni perdute, al Robespierre del Terrore. Se la vita era altrove, questo altrove era Parigi.

Paris, Paris! si presenta come un viaggio stratificato attraverso la storia di Parigi, una città che non è solo un luogo geografico, ma un organismo vivo, un palinsesto di trasformazioni urbane, culturali e sociali.

Attraverso quattro capitoli il testo disegna una mappa in cui architettura, politica, arte e letteratura si intrecciano, rivelando come Parigi sia stata, e continui a essere, un laboratorio dell’umano, uno spazio frattale aperto a ricorsività e caos che ancora oggi ci contiene nelle sue contraddizioni.

Il primo capitolo, per esempio, dedicato alle trasformazioni della città nel Secondo Impero, va letto non soltanto come una cronaca di strade rettilinee e boulevard alberati: in realtà è un racconto di potere e resistenza, di come l’urbanistica possa diventare strumento di controllo sociale La città, come nota Walter Benjamin, diventa un teatro in cui la borghesia celebra il proprio dominio, mentre i vecchi abitanti si sentono stranieri in un centro ‘sanificato’.

Il capitolo incentrato sugli scrittori americani degli anni Venti e Trenta racconta una Parigi città dell’esilio e della rinascita, termini apparentemente non avvicinabili, perché Hemingway, Fitzgerald, Gertrude Stein e Sylvia Beach trovano qui una libertà intellettuale più complessa e stratificata che nell’America di allora. Ogni epoca – dall’Ottocento industriale al Novecento delle avanguardie – ha proiettato sulla città i propri sogni e incubi. Haussmann la voleva ordinata; gli impressionisti la dipingevano effimera; Sartre e de Beauvoir la trasformarono in un laboratorio di idee.

Parigi è più di una sequenza di eventi storici. È un’idea, un mito che resiste nonostante le crisi. Un mito che continua a interrogare chi la attraversa. Eppure, dietro ogni trasformazione, si nasconde una domanda: cosa plasma lo spazio urbano?

E forse la possibile risposta che ci propone lo sguardo affascinato di Alberini sta proprio nella capacità parigina di accogliere il caos senza perdere l’eleganza, di essere allo stesso tempo classica e rivoluzionaria. Come le ninfee di Monet – eternamente sospese tra acqua e luce – Parigi è un’opera in divenire, un promemoria che la vera grandezza di una città non sta nella perfezione, ma nella sua capacità di trasformarsi, sempre. 

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