Un libro e tanti eventi: così Udine ricorda Tito Maniacco a dieci anni dalla morte

Primo appuntamento mercoledì 22 alla Biblioteca Joppi. Durante l’anno è prevista la ripubblicazione delle sue opere
Villacaccia, 11/09/2005 - "I colors da lis vos", 22 poeti alla maratona di poesia, dalle 10.00 alle 21.00, per la rassegna Avostanis 2005 ai Colonos di Villacaccia di Lestizza - Foto Luca d'Agostino\Phocus Agency © 2005
Villacaccia, 11/09/2005 - "I colors da lis vos", 22 poeti alla maratona di poesia, dalle 10.00 alle 21.00, per la rassegna Avostanis 2005 ai Colonos di Villacaccia di Lestizza - Foto Luca d'Agostino\Phocus Agency © 2005

UDINE. Tito Maniacco aveva previsto e narrato gli scenari nei quali adesso ci agitiamo mentre si avanza senza capir bene cosa sta accadendo, con la testa intanto imbottita ad arte di paure, odio e slogan. Lo aveva previsto come sanno fare i grandi e veri intellettuali, anche se vivono in piccole terre quasi invisibili, apparentemente in balia della storia e dei luoghi comuni.

Per comprenderlo basta leggere le parole che scrisse nei numerosi libri e articoli usciti dalla sua appassionata e colta attività, che andava dalla saggistica, alla poesia, alla narrativa, all’impegno politico, alle collaborazioni giornalistiche, alla pittura, grazie a un bagaglio di conoscenze letterarie e storiche impressionante e invidiabile, avviato fin dall’infanzia e sviluppatosi attraverso una convinta adesione ideologica.

«Interpretava la storia – come ha detto Giuseppe Mariuz – secondo i canoni classici del marxismo, ed è stato il primo e anche il più importante scrittore a sovvertire un’impostazione tradizionale che in Friuli era, più ancora che liberale e crociana, profondamente clericale e impregnata di spinte sociali autocompiaciute e regressive».

Ne deriva che nei suoi scritti, dalla magnifica e pedagogica serie de I Senzastoria, usciti con i geniali disegni di Ferruccio Montanari negli anni Settanta, alle raccolte poetiche, la società friulana è composta da una ristretta classe dominante, i sorestans, che manovra quella dei dominati, i sotans, incapaci di riconoscersi e di ribellarsi, rassegnati a dover pagare un obolo al Cesare di turno.

Una linea di pensiero e analisi in netto anche se sempre rispettoso e dialogante contrasto con chi invece ha messo l’esperienza patriarchina alla base della concezione etica e sociale friulana. Per entrare nel mondo di Tito Maniacco è necessario riprendere in mano uno dei testi fondamentali, una sorta di manifesto su chi sono i friulani.

Uscì nel 1995, pubblicato (con le fotografie di Danilo De Marco) dalla Kappa Vu, che poi lo propose anche in una seconda edizione, con il titolo L’ideologia friulana. Critica dell’immaginario collettivo.

D’accordo o no, tutti dobbiamo comunque fare i conti (in particolare nel tempo confuso di oggi) con il pensiero essenziale e necessario espresso da Tito, partendo da una definizione lapidaria come questa: «I friulani sono vissuti e vivono (non è un fatto particolare, ma generale) avvolti nel sogno continuo di essere quelli che in realtà non sono mai stati e non sono».

E poi questa: «Si vedrà che i talenti, che il territorio friulano continuò naturalmente a produrre, passarono, attraverso l’emigrazione intellettuale, in luoghi dove le loro capacità sarebbero state utilmente sfruttate».

È invece del 1998 un articolo nel quale Maniacco rifletteva su chi esercita il potere e diceva: «Il silenzio delle classi dirigenti friulane non è il saggio silenzio di chi osserva il mondo e medita, ma è il silenzio di un’assenza, di un vuoto... Non si dirige senza idee. Si può andare al massimo come si sta andando avanti in questi anni con un continuo tran tran burocratico. La classe dirigente non sa gestire il trauma della modernità».

Maniacco nacque a Udine nel 1932, come racconta nel Figlio del secolo, suo ultimo lavoro edito in vita, che è al contempo l’autobiografia, ma anche il romanzo di una città, e morì dieci anni fa, il 22 gennaio 2010. Cogliendo come spunto l’anniversario, si parlerà molto di lui e della sua intera opera nel corso del 2020. Sono previste iniziative e ripubblicazione di libri.

Il primo incontro avverrà proprio mercoledì 22, alle 18, nella biblioteca Joppi, dove sarà presentata (con musiche create ad hoc da Alessio Velliscig e con interventi di Marina Giovannelli e Alessandrea Kersevan) una nuova edizione, a cura di Kappa Vu, del poemetto dal titolo chilometrico Viaggio di Herr Walther von der Vogelweide nella Patria del Friuli, ospite del Signore Patriarca Wolfger di Ellenbrechtskirchen, in Civitate Austriae.

Ispirato dall’ascolto di un vecchio disco con musica di trovatori, Tito (che dipinse anche degli acquerelli, proposti in questa seconda edizione) cominciò a scrivere una sorta di ballata narrando il viaggio d’un cantore da Villaco a Cividale, avvenuto nel 1203 tra incontri, spaventi, amori, credenze popolari.

Pagine di stupore e ardore, in cui scorre libera la divertita creatività dell’autore, che nel commento finale disse: «Ieri come oggi la condizione del poeta è la stessa. O è in una gabbia reale o si è imprigionato da solo nella gabbia della propria immaginazione». —


 

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