Un nuovo giallo dalla penna di Paolo Gaspari: Malatesta indaga sui delitti per il Ponte sullo Stretto
Secondo episodio dei polizieschi con la protagonista. «Ho scelto questo genere per veicolare una critica al sistema politico odierno e denunciare l’assoluta inconsistenza culturale di uomini politici»
![Lo storico Paolo Gaspari con il precedente volume giallo con la stessa protagonista, Elena Malatesta](https://images.messaggeroveneto.it/view/acePublic/alias/contentid/1gyxrkdvrvat7rv4yec/0/paolo-gaspari-jpg.webp?f=16%3A9&w=840)
Ritorna Elena Malatesta, protagonista del secondo episodio di una serie di polizieschi firmati da Paolo Gaspari, editore, storico e sociologo. Dopo aver indagato i “delitti della rivoluzione bibliotecaria” nel primo volume, l’autore racconta le vicende tinte di giallo di “Elena Malatesta e i delitti per il Ponte sullo Stretto”. Ne parliamo con Paolo Gaspari, autore di decine di libri di storia sociale e militare.
Come coniuga questi ambiti con la sua passione per il giallo?
«Volendo veicolare una critica al sistema politico odierno e denunciare l’assoluta inconsistenza culturale di uomini politici, ho scelto il romanzo poliziesco. È il genere più letto e “filmizzato”. Protagonista è ancora una volta Elena Malatesta, commissaria capo di Pubblica Sicurezza a Milano, esperta di grafologia e caratteriologia, amica dell’altra commissaria, Ala di Falco.
Che ruolo hanno le donne nel romanzo?
«Personaggi principali sono giovani donne, di origini diverse, intellettuali e dei reparti speciali, che risolvono i loro amori senza ipnotiche riflessioni (il giallo è caratterizzato spesso dai problemi personali dei protagonisti). Elena Malatesta, Ala di Falco, Clo (Clorinda) “Treccia Nera”, Delfina, Rosaura, Anita Altavilla: tutti nomi antichi, scelti affinché questi personaggi, tutti tesi in fondo a far uscire l’Italia dalla gabbia di politici ignoranti e dalla burocrazia clientelare, siano legati a un passato in cui si davano nomi propiziatori o legati alla storia famigliare tramandata».
La questione, al centro delle indagini, riguarda un intreccio complesso di ambiti: scuola, ripopolamento degli Appennini e Ponte sullo Stretto. Come si intersecano?
«Si tratta della lotta tra il ripopolamento degli Appennini con giovani coppie impegnate nella sistemazione idrogeologica e sismica, nelle produzioni agro-silvo-pastorali e nel turismo, e la criminalità. Lo scontro tra giovani che hanno nomi di antichi guerrieri ed eroine e la criminalità inconsciamente sostenuta da politici ignoranti è la parte portante del poliziesco in cui ci sono molti proiettili, ma soprattutto voglia di cambiare il senso di responsabilità. Alti funzionari “ribelli” di vari ministeri intendono mettere in sicurezza gli Appennini. Il progetto è però collegato con una riforma drastica della Scuola, dell’Università e della ricerca. Ciò è avversato dai propugnatori del Ponte sullo Stretto che uccidono gli ideatori e incendiano i cantieri. Tuttavia, sembra nascere una frangia armata che elimina i capi della criminalità e i sicari. E la commissaria capo Elena con le sue ispettrici si trova in mezzo».
Quale Italia emerge dalle pagine?
«Un’Italia con il 40% dei giovani che non ha alcun mestiere e con la più bassa percentuale di occupazione femminile d’Europa. Il giallo italiano è solitamente ambientato in una sola città, o in un borgo. Di fronte alla vastità di un’Italia bellissima, ho creato un intreccio in cui i protagonisti passano da Milano ai centri romani del potere, dalle basiliche ambrosiane alle colline dell’Abruzzo e agli Appennini».
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