«Una targa onori Ungaretti: a Udine le sue prime poesie»

Nell’anno della Grande Guerra il professor Sereni ricorda “Il Porto Sepolto”. Fu stampato in via di Prampero nello Stabilimento tipografico friulano

Cosa aspetta Udine ad apporre una targa commemorativa in via di Prampero, dove campeggia ancora la scritta Stabilimento Tipografico Friulano, là dove Giuseppe Ungaretti stampò la sua prima raccolta di poesie “Il Porto Sepolto”? Nella metropolitana di Londra in questi giorni di ricorrenze della Grande Guerra il mondo può leggere i versi di “Brother”, “Fratelli” che il poeta scrisse sulle nostre montagne.

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Era da immaginare che la ricorrenza del Centenario dell’ingresso dell’Italia nella guerra d’Europa avrebbe rimesso in circolazione le poesie che Giuseppe Ungaretti dedicò agli uomini impegnati in quell’immane conflitto.

Era da immaginare e cosí è stato: tanto che si può scrivere che ovunque, nei giorni passati, si sono svolte manifestazioni per ricordare quegli avvenimenti si è fatto ricorso alle poesie di Ungaretti indicandole come la piú vera espressione del carico di sofferenze sopportato dai soldati nelle trincee.

È dunque il caso di parlare di “ritorno a Ungaretti”. Un fenomeno culturale che evidenzia un preciso significato: la straordinaria vitalità dell’opera di Ungaretti. Il secolo trascorso non solo non ha reso inattuale e incomprensibile il suo canto, come è capitato a tante delle poesie della guerra, ma proprio in virtú del lungo travaglio di pene vissuto dall’umanità nei cento anni, ha recato a noi una voce, palpitante e viva, che i nostri cuori sanno intendere.

E intendendola, la riconoscono familiare per la sua aderenza ai nostri dolori, per la sua appartenenza alle nostre speranze.

Il piú autorevole protagonista di questo “ritorno a Ungaretti” è stato sicuramente il presidente Mattarella che nel discorso tenuto la mattina del 24 maggio sul Monte San Michele ha citato la poesia “Soldati”:

«Si sta come/d’autunno/sugli alberi/le foglie». E ha poi sottolineato che con questi “versi stupendi” il “fantaccino” Ungaretti aveva saputo fissare «il senso di totale estraneità che regnava al fronte».

Citazione e sottolineatura meditate e in perfetta consonanza con il sentire della comunità nazionale che idealmente ha partecipato alla cerimonia commemorativa del San Michele.

Ancora Ungaretti, per tutto il 24 maggio mandato in onda dalla Rai, che ha scelto per onorare l’anniversario, la poesia “San Martino del Carso”: poesia piú volte rielaborata da Ungaretti, la cui prima versione fu scritta il 27 agosto 1916 al Valloncello dell’albero isolato. Il suo attacco va diretto al cuore: «Di queste case/non è rimasto/che qualche/brandello di muro».

E ancor piú coinvolgente il suo svolgimento e il suo finale che Ungaretti riscrisse per la versione definitiva: «Di tanti/che mi corrispondevano/non è rimasto/neppure tanto/Ma nel cuore/nessuna croce manca./È il mio cuore/Il paese piú straziato».

Ancora Ungaretti, e di nuovo dalla Rai, alla sera del 24 maggio. Questa volta era un gruppo di studenti, ben compresi dell’alto compito, che ha letto “Fratelli”, sicuramente la composizione che meglio esprimeva l’universo spirituale di Ungaretti: interventista intervenuto, nello strazio delle trincea, dava voce a quel bisogno di fraternità che poteva mettere fine al regno della guerra.

Scritta a Mariano del Friuli il 15 luglio del 1916, durante una sosta dei combattimenti, si rivolge a noi come un accorato grido di speranza che attende ancora ascolto: «Di che reggimento siete / fratelli? / Fratello / tremante parola / nella notte / come una fogliolina / appena nata / saluto / accorato / nell’aria spasimante / implorazione / sussurrata / di soccorso / all’uomo / presente alla sua / fragilità».

Che questa poesia sappia muovere sentimenti che parevano chiusi nel sordo egoismo, che sappia sciogliere la glaciale ferinità della terra devastata dalla brutalità, che abbia un vigore universale e si faccia ancora capire per il suo sofferto spasmo di speranza bella redenzione dell’Umanità lo avvertiamo non appena proviamo a leggerla e ci accostiamo al testo come ci si accosta a una polla d’acqua fresca: ci disseta e ci rigenera.

Una straordinaria conferma del valore, della potenza redentrice di “Fratelli” viene in questi giorni da Londra. Ed è una conferma che pesa, perché arriva da una delle capitali mondiali della cultura e dell’arte che ha dedicato alla memoria della Grande Guerra manifestazioni che andranno avanti per ben quattro anni.

Chi adesso va a Londra – ci sono tanti comodi voli – se per i suoi spostamenti nella grande città utilizza la metropolitana, cosa che ogni giorno fanno centinaia di migliaia di persone di ogni età, di ogni sesso, di ogni colore, avrà modo di leggere all’interno dei vagoni della Northern Line la riproduzione dei versi di “Fratelli” e la loro versione in inglese sotto il titolo “Brothers”.

La poesia di Ungaretti è stata scelta per fornire un valido approccio con il dramma della guerra e quel grido di rabbiosa speranza urlato un secolo fa a Mariano del Friuli si fa sentire ancora piú forte nel nostro tempo che è alla ricerca di salvezza.

Ungaretti è piú vivo che mai. Lo può ben affermare questo quotidiano di Udine ricordando, con un legittimo orgoglio friulano, che fu a Udine, nel dicembre del 1916 che uscí il primo libro di poesie di Ungaretti “Il porto sepolto”.

Lo stampò in 80 esemplari lo Stabilimento Tipografico Friulano , che aveva sede in via di Prampero. Chi passa da quelle parti ritrova quella onorata insegna che l’attuale proprietario con molta sensibilità ha fatto restaurare.

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