“Unità 42”: classico giallo ma dall’anima hi-tech

la serie poliziesca

Certo, “Unità 42” è una bella serie poliziesca, ma è soprattutto un viaggio dentro gli abissi del terzo millennio: un catalogo dei crimini che affondano le radici nel deep web e nel dark web. Ogni puntata un’indagine, sotto il cielo di Bruxelles, ogni indagine uno zoom sull’attualità più nera (dalla pedofilia alla radicalizzazione jihadista). Ed è proprio qui che “Unità 42” vince la scommessa: potrebbe essere un prodotto molto cupo, a volte molto disturbante, e invece si muove sempre con ammirevole asciuttezza. Quasi con pudore. Senza mai alleggerire l’essenza scura delle cose, fortunatamente, però anche senza enfatizzarla. Senza farla gridare. E non importa se la temperatura dell’intrattenimento, a volte, ne soffre…Non ci troviamo di fronte al cugino europeo di “Csi: Cyber” (lo spin-off meno longevo dell’intera galassia “Csi”: ricordate?) e nemmeno di fronte a un giocattolo per nerd.

“Unità 42” utilizza gli strumenti informatici, appunto, come strumenti, mettendoli al servizio del caso di puntata e di uno sguardo più ampio (lo abbiamo scritto all’inizio) sulla società contemporanea. Società veloce e feroce, sicuramente complessa, di cui sono specchio i due poliziotti protagonisti: l’ombroso caposquadra Sam, vedovo disperato e padre impacciato, e l’ex hacker Billie, giovane ed estroversa, che tanto “ex” poi non è. Entrambi forti. Entrambi fragili. Entrambi umani. Sperando che Netflix pubblichi presto i 10 episodi della seconda stagione, trasmessi dalla tivù belga oltre un anno fa, consigliamo “Unità 42” agli estimatori dei gialli classici. Sì, dei gialli classici, a dispetto della sua anima hi-tech! Poca azione, pochissime chiacchiere, tanta detection (fabbricata bene). Basta solo non aspettarsi un vortice di adrenalina. —



Unità 42, regia di Pieter Van Hees con Patrick Ridremont, Constance Gay (Netflix)



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