Vasco Rossi, ribelle e anticonformista: «Chiamatemi provocautore»

di Monica Tortul
Anticonformista, antiproibizionista, poco incline al rispetto delle regole. Vasco è sempre stato un trasgressore, un ribelle. Ha sempre fatto fatica ad accettare di essere inquadrato, etichettato, incasellato in una categoria precisa.
Lo ha sempre mandato in bestia essere chiamato il rocker di Zocca e perfino essere definito un cantautore.
«Meglio provocautore - ha sempre detto - o, più semplicemente, rockstar».
Nei suoi testi la ribellione sfocia spesso in provocazione e in denuncia nei confronti del conformismo, dei benpensanti, dei doppiogiochisti, ma anche delle ingiustizie. Con Gli Spari Sopra, title track dell'omonimo album del 1993, denunciò l’abuso di potere, i soprusi compiuti per motivi economici sulla pelle dei più deboli, con un testo che ancor oggi risulta più che mai attuale. Se la prese con gli oppressori, i corruttori, gli arrivisti senza scrupolo, i manipolatori, i furbi, gli ipocriti. Si narra che lo spirito ribelle del signor Rossi abbia iniziato a manifestarsi al collegio dei salesiani di Modena, dove la famiglia lo aveva iscritto perché conseguisse il diploma di scuola superiore.
Ma lui mal sopportava le regole e tanto più i salesiani. Scappò due volte dall’istituto, finché il padre lo iscrisse in una scuola tecnico commerciale, dove conseguì il diploma in ragioneria. Vasco ragioniere. Ma ve lo immaginate? Lui avrebbe voluto iscriversi al Dams di Bologna, frequentare un corso di teatro, ovviamente alternativo. Era affascinato dal fermento sociale che in quegli anni si respirava a Bologna, appoggiava le posizioni anarchiche e Bakunin lo intrippava.
Eppure si iscrisse alla Facoltà di economia, per far felice il padre. Era però sedotto dalla turbolenza di Bologna, che negli anni 70 era la capitale della creatività, era sedotto dai cantautori di protesta, dalle radio libere. Nel 1979 scrisse uno dei suoi album capolavoro, Non siamo mica gli americani, in cui spazia in vari generi e ha il coraggio di parlare di argomenti tabù come il sesso, la droga, il pacifismo, la desolazione giovanile, in un’Italia ancora bigotta. Tra i pezzi anche l’anticonformista (Per quello che ho da fare) Faccio il militare, in cui, con umorismo goliardico descrive la leva obbligatoria (ma non ci si può rilassare/ i russi possono arrivare ognora/ e se ci portano via le armi come la facciamo la guerra, dimmi, coi bastoni?!).
C'è chi dice no è, invece, del 1987 ed è un urlo di ribellione nei confronti di chi pretende di imporre le proprie verità; il brano esprime un senso di insofferenza nel far parte di un sistema, di cui si è solo ingranaggi. Pur avendo sempre manifestato fastidio per l’omologazione e per le regole imposte dall’alto, ha finito lui stesso per adeguarsi, anche se parzialmente, a quel sistema.
Per onestà va detto che una volta diventato una rock star, ha accettato e si è adeguato lui stesso alle regole dello showbusiness, prendendo talvolta una deriva commerciale, che ha certamente scontentato una parte dei fans.
Negli ultimi 10 anni la sua produzione si è adeguata ai gusti della massa. Diventato ormai nazionalpop. olare, ha accettato compromessi, perdendo anche in parte originalità e vena creativa.
Quando sale sul palco, tuttavia, riesce a tirare fuori sempre il suo lato più vero, più sincero ed ancora più ribelle. Anche se si è sposato e la sera va probabilmente spesso a dormire presto, ci piace credere che è sempre un Vasco spericolato e anche se gli ultimi album non sono neppure lontanamente paragonabili a quelli dei tempi d'oro, siamo sicuri che non perderà mai quel «magico potere di trasformare il quotidiano in sublime usando solo poche e semplici parole», come disse Fernanda Pivano.
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