Il viaggio del divano letto: esperienza esilarante e irreale

La trama del romanzo di Pierre Jourde (Prehistorica editore) è «un bordello narrativo», che in un linguaggio formale suona come: un libro che si presta a più chiavi interpretative

Margherita Reguitti
La copertina del volume
La copertina del volume

Un’esperienza irreale ed esilarante, costellata di situazioni surreali, in viaggio lungo mille chilometri attraverso la provincia francese per trasferire un canapè da una casa di Parigi in Alvernia, regione montuosa della Francia centrale. Questa la trama de Il viaggio del divano letto di Pierre Jourde (Prehistorica editore).

Jourde definisce il romanzo un “bordello narrativo”, che in un linguaggio formale suona come: un libro che si presta a più chiavi interpretative. «Il ruolo della letteratura, e dunque di questo libro – afferma l’autore – non è di aggiungere finzione al reale ma rendere reale ciò che pare irreale nell’esperienza e nella vita». Una narrazione autobiografica in quanto lo scrittore è uno dei due nipoti incaricati di eseguire le volontà della nonna, definita donna insopportabile e avara, morta a 93 anni nella lussuosa casa di riposo dove ha passato gli ultimi anni.

I fratelli Pierre e Bernard Jourde, insieme a Martine, la moglie di quest’ultimo, sono i protagonisti in itinere, fra battibecchi, ricordi di grandi avvenimenti o minuzie riaffioranti a sorpresa, di momenti intimi o pubblici di vita sociale.

La risata e l’ironia, suggerisce l’autore, definito nel panorama d’oltralpe una delle voci più autorevoli e schiette, sono gli strumenti quasi filosofico-metafisici per reagire all’assurdità di alcuni comportamenti esistenziali di uomini e donne. Liberarsi da situazioni negative e esorcizzare le paure: questo pare l’intento del romanzo che, dietro all’apparente ilare leggerezza, nasconde affondi fino ai punti vitali nelle relazioni, fino a fare male e nel dolore percepire la realtà.

È un diario intimo in forma di incontenibile flusso di coscienza dove la sola regola ammessa è la sincerità. Jourde, da provetto boxeur nella vita, sgancia un destro alla complessità dei rapporti familiari, alle nevrosi e alle insofferenze. E’ il suo modo di entrare così in contatto con l’altro.

I veloci e mirati botta e risposta tra i protagonisti denotano complicità assoluta e provocante. Non mancano pagine di sbeffeggiamenti del mondo editoriale parigino a cui uno dei protagonisti appartiene, con dovizia di dettagli sulle ritualità dei premi letterari, snobbati ma anelati. Ne risultano momenti di esilarante franchezza.

Una cronaca on the road dall’abitacolo del furgone lungo strade statali in sali-scendi, attraversando boschi, pianure, colline, vigneti, borghi, costeggiando la “placida Loira”. Tableaux di paesaggi, di nostalgie passate, segreti famigliari e dolenti irriverenze. Pare un’esortazione a guardare le cose dal lato comico, quale possibile supplemento di coscienza, indispensabile per accettare se stessi, ossessioni e aspettative incluse.

Una vertiginosa meditazione sul reale, dall’effetto dissacrante assicurato. Si ride e sorride grazie all’ironia colta e irriverente alla francese, così riconoscibile e unica.

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