Talidomide, dopo 8 anni piemontese vince causa contro Ministero

Corte d'appello, diritto a indennizzo, 1 milione gli arretrati

(ANSA) - TORINO, 29 APR - Ci sono voluti otto anni e due gradi di giudizio a un piemontese affetto dalla 'sindrome da Talidomide' per vedersi riconosciuto il diritto a essere indennizzato dal Ministero della Salute: sia il tribunale del lavoro di Alessandria che la Corte d'appello di Torino - con una sentenza depositata nei giorni scorsi - gli hanno dato ragione nonostante l'opposizione del dicastero. Ora potrà reclamare circa un milione di euro, relativi agli arretrati dal 2008, più una somma per ogni bimestre da qui in avanti. Il ricorrente, cinquantottenne, è portatore dalla nascita di una malformazione al braccio sinistro che risulta compatibile con gli effetti della Talidomide, farmaco che in Italia fu venduto tra la fine degli anni Cinquanta e l'inizio degli Sessanta principalmente come prodotto per le donne in stato di gravidanza. Nel 2017, in forza di una serie di norme varate dallo Stato nel corso del tempo, l'uomo presentò la domanda per un indennizzo ma la Commissione competente, dopo un primo parere favorevole, fece marcia indietro sostenendo che mancava la prova del nesso causale: in questo caso, la dimostrazione che la mamma aveva assunto la Talidomide. Nel 2023 citò in giudizio il ministero della Salute e, con l'assistenza degli avvocati Erika Finale e Renato Ambrosio, che si sono avvalsi della consulenza tecnica del medico Raffaele Barisani, di Trieste, si è imposto in entrambi i gradi di giudizio. Gli avvocati fanno presente che fino ad oggi "le somme dovute non sono state versate". La mamma dell'uomo (come lei stessa ha dichiarato e come confermato da un'amica di famiglia) aveva assunto la Talidomide nelle prime fasi della gravidanza in dosi di 'Contergan', un farmaco della tedesca Grunenthal, dietro regolare prescrizione del medico curante. Una delle obiezioni del ministero si riferiva al fatto che il piemontese è nato nel 1967, in epoca successiva al ritiro del prodotto, e in ogni caso al di fuori della 'finestra' temporale (1958-1966) indicata in un decreto del 2017. "Ma il punto - osservano gli avvocati del ricorrente - è che il diritto all'indennizzo spetta anche ai soggetti che presentano malformazioni compatibili con la sindrome". Peraltro, sempre secondo quanto hanno sottolineato i legali, la Talidomide è rimasta in circolazione anche in seguito come "prodotto da banco" e come "galenico". Altri aspetti sono stati dibattuti nel corso del procedimento e la discussione è stata piuttosto accesa, tanto che, nella sentenza, la Corte d'appello ha dedicato un cenno ai "toni talvolta decisamente aspri" adoperati dal consulente del ministero. "La controparte - spiega Barisani - ha sostenuto che la malformazione deve essere bilaterale (vale a dire a entrambi gli arti - ndr) ma la monolateralità è stata dimostrata dalla letteratura. Poi ha affermato che esistono malattie genetiche la cui origine è ancora sconosciuta e che quindi non è possibile determinare con certezza il nesso di causa. Insomma, si è opposta a una situazione riconosciuta in tutto il mondo. E ho percepito con chiarezza una certa acredine non da parte dell'istituzione in sé, ma dei suoi rappresentanti". "Per quel che mi riguarda - ha commentato l'avvocato Ambrosio - le cause posso vincerle o perderle. Ma i toni devono essere corretti. Sempre. E la controparte qui ha mostrato di non avere rispetto per il ricorrente". (ANSA).

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