Il tifo non è una banda organizzata
Chi passava sabato dalle parti della stazione di Udine si chiedeva cosa stesse accadendo. Immagini alle quali non siamo abituati: centinaia di agenti in tenuta antisommossa, auto della polizia e delle forze dell’ordine, elicotteri che sorvolavano la città. Per una partita di calcio?
«Chi infanga lo sport con la violenza non è un tifoso». L’Udinese lo scandisce in una nota a commento dei fatti vergognosi e inaccettabili di sabato sera. Condanna totale, senza alcuno spiraglio ad azioni inqualificabili.
E va fatta pure una seria riflessione su ciò che gravita attorno al mondo dello sport, anche compiendo qualche passo indietro con la memoria.
Era il 31 gennaio del 2024 (ricordate?) quando pochi (ma sempre troppi) tifosi bianconeri, ancora il sabato sera allo stadio di Udine, gridarono insulti diretti al portiere del Milan Mike Maignan. Settimane di polemiche coinvolsero la politica cittadina, la spericolata ricerca di chiudere la vicenda con fair play fece più danni che altro. La città, la società e il Friuli furono raccontati come non siamo abituati a vederci.
Un anno dopo, sabato scorso, primo febbraio, un gruppo di teppisti violenti e criminali (perché non si possono definire tifosi, sarebbe un insulto ai veri tifosi perbene) bloccano un treno, mettendo a rischio anche ignari passeggeri, per vendicarsi con i rivali.
C’è da chiedersi se realmente il fenomeno sia isolato o se viceversa non ci sia un’organizzazione carsica che sfugge anche a chi è preposto ai controlli.
Chi passava sabato dalle parti della stazione di Udine si chiedeva cosa stesse accadendo. Immagini alle quali non siamo abituati: centinaia di agenti in tenuta antisommossa, auto della polizia e delle forze dell’ordine, elicotteri che sorvolavano la città. Per una partita di calcio?
Uno scenario che ha pure un costo economico e sociale, centinaia di persone al lavoro per garantire la sicurezza a uno spettacolo sportivo. Incredibile.
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I tifosi devono essere il dodicesimo uomo in campo, ma le curve, come il calcio, sono incorse negli anni in una trasformazione non certo magnifica e progressiva.
Non siamo più al tempo dei pur tragici scontri corpo a corpo e delle spedizioni punitive degli ultrà degli anni ’80 fotografati dal film “Ultrà” di Ricky Tognazzi o negli scimmiottamenti di “Eccezziunale veramente” di Diego Abatantuono. No, siamo entrati nell’era di bande organizzate e seminatori di crimini che nulla hanno a che vedere con il calcio, ma che usano il calcio.
Meritano punizioni severe, l’allontanamento perpetuo dagli stadi, il pagamento dei danni compiuti alle persone e ai mezzi. La pesante condanna deve arrivare da parte di tutti, non possiamo accettare che fatti simili finiscano nel dimenticatoio per ritrovarci tra un anno a parlare ancora di questa vergogna
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