Dal Dna la risposta se Unabomber ha agito da solo
Attesa per conoscere il numero dei profili genetici sui nuovi reperti

Sono tante le speranze che si appuntano su quanto è stato trovato dai periti Giampietro Lago ed Elena Pilli sui vecchi reperti dell’inchiesta Unabomber, rianalizzati alla luce delle nuove e più moderne tecnologie.
L’individuazione del profilo genetico dell’attentatore che tra il 1994 e il 1996 e tra il 2000 e il 2006 ha disseminato di ordigni il Nord Est, anticipata dai quotidiani del gruppo Nem, potrebbe fornire risposte attese da trent’anni.
La prima, naturalmente: chi era Unabomber? Ottenuti i nuovi risultati in laboratorio, saranno le comparazioni tra quanto rinvenuto ed eventuali corrispondenze con persone in carne e ossa a farci capire se mai ci potrà essere un processo, con un accusato incastrato dal Dna, a coronamento di queste lunghissime indagini.
Nella prima occasione, come noto, quando sul banco degli imputati fu portato l’ingegnere bellunese Elvo Zornitta, oggi residente a Corva di Azzano Decimo, la falsificazione di una prova a suo carico mise la pietra tombale sul procedimento, finito in archivio.
Correva il 2009 e il gip di Trieste Enzo Truccellitto tagliò corto: «Non ci sono elementi per sostenere l’accusa».
Il fatto che Zornitta sia stato nuovamente indagato, a distanza di decenni, all’interno di un gruppo di undici inquisiti, a cui poi si sono aggiunti 20 ex sospettati chiamati a fornire il proprio Dna agli investigatori, ha portato più di qualcuno a chiedersi perché mai, in linea puramente teorica, un uomo possa essere giudicato due volte per gli stessi, contestati, reati. La risposta è che nella prima occasione Zornitta non fu giudicato.
L’inchiesta fu archiviata prima che potesse essere pronunciare un qualsiasi tipo di giudizio.
Ma al di là del calvario giudiziario dell’ingegnere e del lavoro degli investigatori per assegnare un nome e un cognome a Unabomber, c’è un altro tema su cui il lavoro dei periti, coordinati dal procuratore della Repubblica di Trieste Antonio De Nicolo, potrà fare finalmente chiarezza: Unabomber ha agito da solo o ci sono stati, e sono ancora a piede libero, più Unabomber? Va da sè che se il materiale genetico riaffiorato dai reperti risulterà appartenere a una sola persona la risposta non potrà che essere di un tipo. Viceversa, la caccia si allargherà a più individui.
E quali, nel caso? Le teorie, nel corso dei decenni, si sono susseguite, circa il fatto che Unabomber possa non aver agito da solo. Una puntava su un militare americano della Base di Aviano, visto che le misure di un nastro adesivo indiscutibilmente utilizzato dal criminale erano state prese in inch, pollici, anziché in centimetri. Altro spunto: quando si scoprì la falsificazione del lamierino e il procedimento Zornitta finì in archivio, tre militari americani sul greto del Tagliamento stavano trafficando con oggetti esplosivi. Uno di essi perse la mano, gli altri due se la svignarono.
Infine l’ombra dei Servizi segreti deviati. Un’inchiesta giornalistica dell’Espresso, nel 2011, ricostruì i fallimenti investigativi del caso Unabomber contestualizzando gli attentati in anni di preoccupazioni per gli obiettivi di secessione di una Lega Nord in forte ascesa anche in Veneto e Friuli, dove era operativa anche la struttura clandestina Gladio, sotto l’ombrello della Nato, in fase di smantellamento.
«Grazie alla serie di attentati – scrisse all’epoca L’Espresso – gli apparati dello Stato possono permettersi di intercettare e schedare legalmente decine di migliaia di italiani nelle province di Pordenone, Udine, Treviso e Venezia».
Infine i tentativi di depistaggio, a partire dalla rivendicazione, poi rivelatasi falsa, del gruppo 17 novembre Falange Armata, per l’attentato del 4 agosto 1996 in spiaggia a Lignano.
Tanti misteri irrisolti e una risposta che finalmente, questa volta, potrebbe avvicinarsi.
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