Europee, così in Veneto Fratelli d’Italia ha spazzato via la Lega in 5 anni: ecco la mappa interattiva
L’onda verde della Lega spazzata via in un lustro da Fratelli d’Italia, l’onda blu. Il Veneto ha premiato il partito di Giorgia Meloni oltre le previsioni della vigilia: 37,5 per cento
Da terra promessa a paradiso perduto. Il Veneto a vocazione autonomista, incline a plebiscitare la Lega e il suo alfiere Luca Zaia in nome della “piccola patria padana”, si scopre sensibile al verbo statalista e tricolore premiando il partito di Giorgia Meloni oltre le previsioni della vigilia: un 37,5%, quello centrato da Fratelli d’Italia, in netta controtendenza rispetto al tributo versato dalle forze di governo al malessere che pervade l’Europa.
Dov’è finito allora il patrimonio elettorale del Carroccio, ridimensionato a poco più di 13 punti percentuali?
Retrocesso in terza posizione a Treviso città, dove il Pd torna primo partito, anche se non fino al 46% delle Europee 2014? Facile evocare l’onda vincente della destra, più intricato indagare le dinamiche di un voto scandito in primis dal crollo dell’affluenza (52,6% a fronte del 63,7 precedente), riflesso fedele del disincanto diffuso tra l’elettorato di riferimento e la base militante. Illusorio, al riguardo, segnalare un unico fattore di crisi.
Questa è un’infografica che si compone di due elementi, quello che vedete qui sotto è il 2019, per vedere il paragone con il 2024.è sufficiente cliccare sulla freccia nera subito qui sotto. Posizionando le dita (da mobile o tablet) o il cursore del mouse (da pc) sul ogni Comune appare il dato corrispondente
Le divisioni interne della Lega
A concorrere sono più circostanze, a cominciare dall’eterno duello che oppone correnti e anime rivali. Il colonnello salviniano Massimo Bitonci e il giovane segretario Alberto Stefani (pupillo del presidente della Camera Lorenzo Fontana); l’assessore Roberto “Bulldog” Marcato e il gruppone degli amministratori regionali; i bossiani irriducibili della Marca capitanati da Giancarlo Gobbo, spiazzati a loro volta dalla sortita del vecchio Senatur, autore di un clamoroso endorsement a Forza Italia.
Un clima tossico che ha indotto i litiganti a concentrare ogni energia nella lotta intestina, tra complotti e sgambetti.
Di certo, non ha giovato alla causa lo scarso appeal delle candidature, amplificato per contrasto dall’exploit di Roberto Vannacci (oltre 71 mila preferenze venete per lui), invano boicottato dall’ala zaiana.
Esulta anche il partito democratico
A sorridere, legittimamente, nell’altro schieramento, è anche il Partito democratico. Forti di una lista credibile e rappresentativa (Alessandro Zan, Alessandra Moretti, Andrea Zanoni, tra gli altri) i dem ai tempi di Elly Schlein sfiorano il 19%: è un esito sostanzialmente invariato rispetto del 2019 ma il segretario Andrea Martella ha buon gioco nel segnalare il progresso rispetto alle politiche e il primato cittadino conseguito a Venezia, Padova, e persino nella vetrina leghista di Treviso.
A festeggiare nelle città è in particolare l’Alleanza verdi e sinistra (che balza al 6%) che supera di slancio il Movimento Cinque Stelle (4,85%) penalizzato dal mancato radicamento sul territorio e tutt’altro che favorito dalla svolta spiccatamente sudista impressa da Giuseppe Conte.
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