I Ricchi e Poveri, in gara al Festival di Sanremo per la tredicesima volta

Alzi la mano chi – sotto la doccia, immerso nel traffico, mentre mette ordine in cantina...– non ha mai canticchiato “Che emozione, sarà perché ti amo”. Popolarissimi come pochi, in Italia ma anche all’estero, tra i più ascoltati online (186 milioni di streaming e 5,7 milioni di ascolti su Spotify), i Ricchi e Poveri hanno attraversato mezzo secolo di canzone italiana e sono un “osservatorio privilegiato” per raccontare Sanremo, l’evento musicale che da più di 70 anni blocca per una settimana l’Italia e gli italiani.
Nati a Genova nel 1967 come quartetto polifonico, dopo l’uscita dal gruppo di Marina Occhiena e la scomparsa di Franco Gatti, i Ricchi e Poveri sono rimasti in due, Angela Brambati e Angelo Sotgiu, che tornano a Sanremo per la tredicesima volta con il brano “Ma non tutta la vita”, prodotta dalla Dm Produzioni su licenza Carosello Records, la casa discografica legata al gruppo fin dagli inizi. Il brano, scritto da Edwyn Clark Roberts, Cheope e Stefano Marletta e arrangiato da Merk&Kremont e Edwyn Roberts, è un inno a vivere pienamente la vita, a scendere adesso in pista: “Ti giri un momento la notte è finita. Le stelle già stanno cadendo, dell’amore che si aspetta ma non tutta la vita”. E nella serata dei duetti saranno con Paola e Chiara.
Dodici Sanremo, il primo nel 1970 con “La prima cosa bella”, uno vinto nel 1985 e ora sul palco per il tredicesimo. Potevate dormire sugli allori e invece tornate e per giunta in gara...
«Il bello è proprio la gara, non faremo soltanto gli ospiti: ben cinque serate in cui ci divertiremo molto!».
Tornate a Sanremo con un nuovo brano, “Ma non tutta la vita”, una dichiarazione d’intenti, un inno a vivere intensamente, un po’ come avete sempre fatto voi.
«Un pezzo nuovo, un invito a non rinviare, a perseguire in ciò che si desidera. Carpe diem! Era l’attimo giusto per tornare? Noi siamo fatti così: ci buttiamo sempre in un fiumiciattolo, sperando che non ci sia una pietra».
Con 22 milioni di dischi venduti, 30 album realizzati, 5,7 milioni di ascolti su Spotify e 186 milioni di visualizzazioni streaming siete tra gli artisti italiani più amati. Come ve lo spiegate?
«Questo vuol dire che la gente ci apprezza per quello che abbiamo fatto e continua a seguirci in ogni occasione».
Siete appena rientrati da un tour internazionale che ha toccato la Mongolia, la Moldavia, la Romania, la Germania. Dopo Sanremo vi aspettano anche in Australia...
«Dopo Sanremo riprenderemo a viaggiare per il mondo, ma non andremo in Russia, non è il momento: non possiamo cantare dove ci sono morti e distruzione. In Russia e in genere nei Paesi dell’Est ci apprezzano molto, portiamo le nostre canzoni in tour dal 1986. Abbiamo amato questi posti, non vediamo l’ora di tornarci».
Ma è vero che Angela è il sogno erotico di Dimitri Urkib, il comandante della Brigata Wagner?
«Sì, l’ho scoperto su un giornale: ero i mezzo a due donne nude! (ride). Ho pensato: ma che c’entro io con queste due?».
La prima volta a Sanremo nel 1970, cosa ricordate?
«Anche quella volta, come in questa occasione, l’abbiamo saputo all’ultimo momento: Morandi non poteva cantare quella canzone, arrivammo noi. Eravamo ragazzini, non avevamo la percezione di cosa sarebbe stato».
Tanti brani d’amore, ma anche momenti d’impegno come quando nel 1988 avere portato a Sanremo un brano politico, “Nascerà Gesù”, in cui parlavate di ingegneria genetica...
«Non era evidentemente il momento, eravamo troppo avanti. La canzone non ha avuto il successo che speravamo, forse era un pezzo più da cantautore».
Quanto è importante salire sul palco di Sanremo? Anche quando non si vince, si sta al centro del mondo musicale. “Sarà perché ti amo”, che non è arrivata prima, ha venduto sette milioni di dischi...
«Salire sul palco è sempre un’emozione. Sul palco bisogna sempre essere se stessi, perché una volta finito lo spettacolo rimangono le cose giuste e belle».
Marina non vi ha chiesto di portarla con voi sul palco?
«No, abbiamo fatto la reunion tre anni fa, l’accordo era per un anno di spettacoli. Poi tra il Covid e la crisi non si è potuto fare più musica».
Pesa molto l’assenza di Franco?
«Moltissimo, Franco si era già ritirato, ma ci manca. Possiamo dire di aver perso un fratello»
Trenta album, centinaia di canzoni. Qual è quella che amate di più?
«Sarà perché ti amo, ci ha dato visibilità in tutto il mondo»
Quella che amate meno?
«Non ci sono canzoni che non amiamo, ma ci sono brani che abbiamo pubblicato in momenti sbagliati. Come l’album per bambini dalle storie dei fratelli Grimm, con i testi di Bardotti».
E le canzoni di altri che avreste voluto cantare voi?
«Tantissime, quelle di Mimì che cantavo in casa da sola (Angela). Ma anche Volare oh oh! (Angelo, che la intona)».
Vi siete mai detti: è il momento di andare in pensione?
«No, non ci pensiamo affatto. Moriremo d’infarto sul palco, mentre cantiamo».
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