L’area di rigore di Bruno Pizzul: il suo calcio raccontato sul Messaggero Veneto per oltre trent’anni

Bruno era l'amico di tutti che parlava di calcio da una vita, con equilibrio, senza isterismi, con grande competenza. Senza mai far pesare l'enorme bagaglio di esperienza che si portava appresso. Neppure con i colleghi più giovani

Pietro Oleotto

Area di rigore è rimasta senza il suo inimitabile portiere. Area di rigore era la rubrica che Bruno Pizzul teneva sul Messaggero Veneto da oltre 30 anni, già prima di chiudere il capitolo di voce della Nazionale azzurra, un'intuizione dell'allora caporedattore dello Sport del Messaggero Veneto, Ido Cibischino.

"Ci vuole una persona amata da tutto l Friuli". Bruno era davvero amato da tutta la nostra terra. E non solo. Lo scorso mese, quando l'Udinese era a Napoli e il tassista che copriva la tratta per lo stadio Maradona scoprì di avere in macchina un giornalista friulano ci disse: "Lei deve salutarmi Bruno Pizzul".

Bruno Pizzul commenta in piazza a Cormons l'Europeo vinto dagli azzurri nel 2021
Bruno Pizzul commenta in piazza a Cormons l'Europeo vinto dagli azzurri nel 2021

Perché era l'amico di tutti che parlava di calcio da una vita, con equilibrio, senza isterismi, con grande competenza. Senza mai far pesare l'enorme bagaglio di esperienza che si portava appresso. Neppure con i colleghi più giovani. Quando mi dissero che, da giovane cronista, tre volte alla settimana avrei dovuto impaginare un suo commento - lo confesso - mi emozionai.

Pochi anni prima ero uno dei ragazzini che lo aveva seguito mentre commentava la moviola alla Domenica Sportiva, negli ultimi minuti prima dell'immancabile ritirata a letto.

Poi le telecronache delle coppe, i grandi avvenimenti internazionali. Il fatto che fosse nato a Cormons, a pochi chilometri da casa, contribuiva a farlo diventare un vero personaggio agli occhi degli appassionati friulani.

"Il pezzo ti è arrivato?". Penso de aver sentito questa frase al telefono migliaia di volte. Perché Bruno, professionista impareggiabile, non ne saltava uno di appuntamenti sul giornale. Ci teneva.

Tanto da informarsi volta per volta sulle vicissitudini in casa Udinese, sugli eventi sportivi in Friuli per poi metterci puntualmente penna. Confesso: la prosa era inconfondibile, la sintassi inappuntabile, le spruzzate di ironia immancabili.

Quando tornò a casa dall'esperienza lavorativa a Milano continuò a marciare con lo stesso ritmo e l'ha fatto fino allo scorso mese, imprecando contro quel "calendario spezzatino" del calcio di Serie A che ogni tanto gli giocava qualche brutto scherzo tra anticipi e posticipi.

Ma forse quello che lo opprimeva di più era l'andazzo di un mondo tormentato da violenze e guerre, tanto che spesso e volentieri utilizzava le ultime righe del suo "osservatorio" per raccontare il proprio stato d'animo davanti agli avvenimenti che rimbalzavano nella sua casa attraverso la tv, soprattutto nella rubrica che usciva di lunedì "La mia domenica".

Nelle ultime settimane, infatti, per Bruno era difficile uscire. Due settimane fa ci riuscì: quando me lo riferirono mi congratulai. "Ma faccio troppa fatica", commentò amaro al telefono passa gentilmente dalla "Tigre", la moglie Maria.

Da lì nacque l'offerta di passare da lui per salutarlo di persona dopo tanto tempo. "Chiama prima". Non sono arrivato in tempo. Adesso servirebbe una classica chiusura in friulano alla Pizzul. Mi viene solo: "Mandi Bruno". 

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