Liste d’attesa, è scontro tra ministero e regioni: «Per ora non c’è intesa»

Il governo vuole commissariare gli enti che giudica inadempienti: potrebbe autorizzare l’adozione del dpcm anche senza accordo coi governatori

Laura Berlinghieri

Le Regioni che chiedono l’autonomia nella sanità. E il governo che invece prova togliergliela: anche quella che già erano riuscite a guadagnarsi.

La conferenza stato-regioni

Si è conclusa nel modo peggiore la riunione di ieri della Conferenza Stato-Regioni. Con entrambe le componenti arroccate nelle rispettive posizioni e del tutto indisponibili al dialogo. Con la richiesta di rinvio della discussione, da parte delle Regioni, bocciata dal governo. Con il tavolo che salta. E con un ultimo termine (dovuto) di trenta giorni, per trovare un accordo.

Ma, già prima, l’esecutivo potrebbe portare il discusso dpcm nella sede del Consiglio dei ministri. E, lì, farlo approvare con una delibera motivata d’autorizzazione. Disinteressandosi, quindi, del parere negativo – e unanime – dei presidenti di Regione

Un blitz che, se dovesse concretizzarsi, porterebbe alla frattura totale tra ministero della Salute (e, quindi, governo) e Regioni, capeggiate dal governatore del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga.

Le ragioni dello strappo

Un passo indietro. Che ci fosse aria di tempesta era già chiaro dalla vigilia. Vigilia di un incontro nel quale il primo punto all’ordine del giorno era la discussione del dpcm attuativo del Dl liste d’attesa, che disciplina i poteri sostitutivi di Roma, in caso di inadempienze delle Regioni, nella gestione degli elenchi delle prestazioni inevase.

Una sorta di commissariamento, da parte di un organismo di verifica e controllo, alle dirette dipendenze del Ministero della Salute, pronto a intervenire, in caso di inadempienze da parte delle Regioni nella gestione delle liste d’attesa.

Cosa bisogni intendere per “inadempienze”, però, non è chiaro. E deriva da questo la richiesta di sospensione dell’esame del punto, arrivata da parte delle Regioni. Diffidenti, di fronte all’ingerenza dello Stato, circostanziata in maniera – a loro dire – troppo vaga. Detto in maniera più chiara: questo “strapotere” che lo Stato vorrebbe accreditarsi si porta dietro il rischio di un suo utilizzo strumentale.

Magari, per scaricare sulle Regioni le mancanze dovute, in realtà, alle proprie inadempienze. Oppure per rivalersi sulle Regioni per più prosaiche questioni politiche.

La richiesta delle Regioni, allora? Individuare «degli indicatori puntuali per le procedure di entrata e uscita dall’ipotesi di commissariamento. Indicatori tesi a dare certezza all’intera procedura, anche nello spirito di quanto più volte richiamato dalla Corte Costituzionale sul tema delle procedure commissariali».

Fatto sta che le Regioni hanno chiesto un rinvio della discussione sul punto. E che il Ministero – ieri rappresentato dal sottosegretario Marcello Gemmato – ha detto di no, tirando dritto nella sua reprimenda per la mala gestio delle liste, soprattutto da parte di alcune Regioni, con pazienti costretti ad attese eccessive per prenotare le prestazioni, agende chiuse e lunghe liste di galleggiamento.

Le reazioni

Nel tardo pomeriggio, la Conferenza delle Regioni ha diffuso una nota, nella quale «esprime rammarico per l'esito della mancata intesa sullo schema di decreto riguardante i poteri sostitutivi sulle liste di attesa», specificando: «Le Regioni all'unanimità avevano manifestato l'ampia disponibilità al confronto e a trovare soluzioni, anche diverse rispetto alle prime osservazioni inviate al Ministero. Per questo hanno chiesto un rinvio del provvedimento alla prossima seduta della Stato-Regioni, ricevendo in risposta il diniego del Governo, che ha invece preferito l'esito di mancata intesa».

Parole a cui ha fatto seguito la reazione dello stesso Ministero, cheh a espresso «rammarico per la decisione delle Regioni di negare l'intesa. La norma in origine già contestata dalle Regioni era stata modificata in sede di approvazione del decreto legge» ricostruisce il ministero di Schillaci, «Il decreto attuativo sui poteri sostitutivi è stato trasmesso alle Regioni il 6 novembre: in questi 5 mesi c'è stata un’interlocuzione costante e le Regioni hanno trasmesso al ministero osservazioni che sono state recepite con leale spirito di confronto e collaborazione. I poteri sostitutivi rappresentano una soluzione estrema in caso di gravi inadempienze, fermo restando l'auspicio di tutti che a prevalere siano le buone pratiche».

E si è scatenata la politica. Il presidente dei senatori dem, Francesco Boccia, ha definito la situazione come di vero caos: «Chissà se anche oggi Schillaci smentirà l'evidenza del fallimento di un decreto sbagliato, che sta alimentando confusione e tensioni istituzionali».

Mentre la collega Beatrice Lorenzin, vicepresidente del gruppo al Senato, ha riportato il contenuto di una risposta datale dal ministro del Mef, Giorgetti: «Ha detto che salute e scuola sono una bella cosa, ma non una priorità per le sue politiche di finanza pubblica».

Infine, sulla questione sono intervenuti i parlamentari del M5S, con una nota congiunta, per sottolineare la confusione all’interno della stessa coalizione di maggioranza: «Tra un'accusa reciproca e uno scaricabarile dietro l'altro, il ministro Schillaci e i governatori regionali, peraltro a maggioranza di destra, stanno dando uno spettacolo poco dignitoso».

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