Ecco com’è caduto Marco, la ricostruzione e il racconto dei testimoni: «È stata solo una fatalità»

Il vicepresidente dello sci club Mentil: «La sicurezza non c’entra nulla. Il ragazzo indossava il casco e il paraschiena e la pista era perfettamente in regola»

Elisa Michellut
Nel cerchio rosso, a sinistra, il dosso. A destra, indicata dalla freccia, la rete contro la quale è finito Marco
Nel cerchio rosso, a sinistra, il dosso. A destra, indicata dalla freccia, la rete contro la quale è finito Marco

Una pista rossa, di media difficoltà, che aveva percorso centinaia di volte. Un dosso che tutti conoscevano, nessun ostacolo improvviso, nessuna difficoltà particolare. A causare la morte di Marco Degli Uomini, atleta diciottenne dello sci club Monte Dauda di Zuglio, che sabato mattina stava effettuando una discesa di riscaldamento lungo la pista Zoncolan 2, è stata una tragica fatalità. Tra i primi a raggiungerlo il vicepresidente dello sci club Monte Dauda, Manuel Mentil,, quando il ragazzo era già sulla barella, dolorante per le fratture, ma sempre cosciente, tanto da chiamare la madre, Cristina Barbarino, al telefono per rassicurarla. Poi le sue condizioni si sono aggravate. Domenica è morto all’ospedale di Udine, dov’era stato trasferito da quello di Tolmezzo.

 

L’incidente

Si stava riscaldando, Marco Degli Uomini, una discesa prima di fare da apripista al SuperG dei campionati regionali Children, che si stanno disputando in questi giorni sul monte Zoncolan. Erano circa le 7.40 e gli impianti non erano ancora aperti al pubblico. L’incidente si è verificato in una pista adiacente a quella di gara, aperta a tutti gli sciatori e dunque dedicata alle sciate libere. Lungo il tracciato, a quell’ora, non c’era ancora nessuno e Marco, come detto, si stava riscaldando, pronto a collaudare il tracciato di gara. Nell’affrontare un dosso, che tutti, compreso lui, conoscevano bene lungo quella pista, il diciottenne friulano è caduto finendo contro le reti di protezione. Un salto di circa venti metri.

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Nella caduta ha riportato fratture multiple alle gambe e anche a un polso, oltre a un trauma toracico. «Si è trattato di una tragica fatalità – precisa il vicepresidente dello sci club Monte Dauda, al quale Marco era iscritto da una decina d’anni –. La sicurezza non c’entra nulla. Marco indossava il casco e il paraschiena e la pista era perfettamente in regola. Purtroppo è atterrato male dopo il salto. Chi mette gli sci ai piedi sa che sono incidenti che possono capitare, esattamente come può succede quando ci mettiamo al volante in macchina. Quel dosso, all’altezza del tratto finale, dove c’è il passaggio che unisce le piste Zoncolan 1 e 2, è lì da sempre. Marco, inoltre, era abituato a percorrere piste nere, quelle per gli sciatori esperti.

Mentil, vicepresidente Fisi Fvg (Federazione italiana sport invernali), aggiunge: «Marco era un ragazzo leale, generoso e con un cuore grande. È successo quello che nessuno di noi vorrebbe accadesse mai. Ai ragazzi ho detto che devono continuare a lottare e devono essere forti, come Marco, il cui ricordo continuerà a vivere sempre in ciascuno di noi. Proprio oggi (ieri, per chi legge) avrebbe dovuto iniziare il corso per maestro».

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La testimonianza

La prima a intervenire è stata una dottoressa, un medico rianimatore e anestesista, che si trovava sul posto per la gara. «Marco era vigile quando sono arrivati i soccorsi – racconta l’amico Rudy Di Lena, maestro di sci della categoria ragazzi allievi –. Io stavo salendo in seggiovia assieme ai miei ragazzi quando è successo l’incidente. Sono sceso con gli sci e Marco stava aspettando l’elicottero. Ci eravamo salutati poco prima. Gli ho parlato ed era lucido. Gli ho anche fatto i complimenti perché, pochi giorni prima, aveva superato due selezioni, in Veneto e in Friuli, per diventare maestro di sci. Era preoccupato di non poter cominciare subito il corso. Cercavamo tutti di non farlo stancare troppo parlando perché era dolorante ma, ripeto, era lucido. Siamo sconvolti. Era un ragazzo d’oro».

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L’allenatore

La mamma del 18enne è primaria del Suem di Pieve di Cadore, il padre Angelo fa il tecnico termoidraulico. Marco, che frequentava l’Isis Solari di Tolmezzo, sognava di diventare come Kristian Ghedina, campione ampezzano di discesa libera. «Amava lo sci e appena poteva andava in montagna – il ricordo del suo allenatore nella categoria giovani, Nicola Rotaris, che lo seguiva assieme a Gianluca Billiani –. Era felice di aver superato la selezione per diventare maestro. Era un bravissimo ragazzo, sempre disponibile ad aiutare i compagni. Non l’ho mai visto una sola volta arrabbiato, nemmeno quando le gare andavano male. Nel gruppo era il ragazzo più genuino. Si impegnava tanto, non mancava mai agli allenamenti. Era un bravo sciatore e non a caso aveva superato due selezioni, “impresa” non certo semplice».

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