Tragedia del Natisone, l’ultimo messaggio di Patrizia mentre l’acqua saliva: «Vi prego»
Mamma Mihaela mostra foto e whatsapp partiti dal telefono della figlia. Oltre alle quattro chiamate al 112, tre messggi a un un numero dei pompieri
«Alle 13.53 ha scritto “vi petro”, perché si vede che ormai le tremava la mano. Voleva scrivere “vi prego”. È stato l’ultimo messaggio che Patrizia ha mandato ai vigili del fuoco, poi ha messo il telefono nella borsa e si sono preparati». Lasciano un brivido sulla pelle le parole di Mihaela Tritean, mamma di Patrizia Cormos, pronunciate mentre mostra gli effetti personali della figlia recuperati dai soccorritori durante le ricerche e al momento del ritrovamento del corpo della ragazza.
Ci apre le porte di casa Mihaela. Con lei ci sono Rodica, mamma di Bianca Doros, e la sorella di quest’ultima, Sabina. In questi otto mesi hanno sofferto in silenzio, paralizzate dal dolore. Le due famiglie si danno conforto nel ricordo delle ragazze, morte il 31 maggio scorso assieme all’amico Cristian Molnar, tutti e tre inghiottiti dalle acque del Natisone, a Premariacco.
Il cellulare
Nel telefono di Patrizia non ci sono, quindi, solo le tracce di quattro telefonate di aiuto, ma anche i messaggi inviati su una chat di Whatsapp ai vigili del fuoco. È la prima volta che la mamma di Patrizia mostra dal cellulare della figlia gli ultimi contatti con i soccorritori. E per farlo riaccende l’Iphone, che racconta gli ultimi 40 minuti prima della tragedia. «Sapevo dall’inizio che avrei trovato tutto nel suo cellulare. Lei era così, ovunque andava, faceva foto e video». Con le dita scorre sullo schermo e mostra la galleria di foto.
Alle 13.18 i ragazzi iniziano a scattare le prime immagini sulla spiaggia, che si presenta ancora asciutta. Alle 13.24 l’ultima immagine di Patrizia. Poi a parlare è il registro delle chiamate. Cinque minuti dopo l’ultima foto, alle 13.29, la prima di quattro telefonate al Numero unico per le emergenze 112. Sul telefono si vede quello che la Procura ha ricostruito nelle indagini.
Tutte le chiamate sono partite da Patrizia e ancora oggi sono lì a scandire il racconto di quei drammatici momenti. La prima chiamata dura tre minuti. La seconda, delle 13.34 squilla a vuoto. La terza delle 13.36 dura 11 minuti. L’ultima, alle 13.48, è di 1 minuto. Alle 13.50 la ragazza invia tramite una chat di Whatsapp a un numero dei vigili del fuoco due video. «Ha avuto la forza di fare video per mandarli ai vigili, dare la posizione e scrivere “vi petro”, perché si vede che ormai le tremava la mano». Un estremo, lucidissimo tentativo di chiedere aiuto: «Voleva scrivere “vi prego”», dice la mamma ripensando a quel messaggio.
La borsa, l’orologio e gli orecchini
Il telefono è stato recuperato dai soccorritori intatto e funzionante durante le ricerche insieme alla borsa bianca che lo conteneva. «Cellulare, sigaretta elettronica, tutti i documenti e anche quello che aveva addosso è stato trovato tutto perfettamente intatto. L’orologio che aveva al braccio non ha un graffio, gli orecchini a cerchio, i braccialetti e le collane. Tutto. Lei non ha perso niente, non si è rotta neanche un’unghia, che si era fatta pochi giorni prima», continua a raccontare Mihaela. Mentre la borsa è stata recuperata a poche centinaia di metri da Premariacco beach il giorno dopo la tragedia, lo smartwatch e gli orecchini sono stati ritrovati il 2 giugno: Patrizia li aveva ancora indosso. Sono intatti, senza ammaccature o punti di rottura.
La geolocalizzazione
Da tempo Patrizia aveva deciso di condividere la geolocalizzazione del suo telefono con un’amica che si trova in Romania. «La ragazza quando ha saputo cosa era successo, ha cercato la posizione del suo telefono e ce l’ha mandata». Come racconta Mihaela, quell’informazione è stata inoltrata ai soccorritori nel tentativo di accelerare le ricerche.
Il cellulare dell’amica rumena ha ricevuto il segnale e la posizione fino quasi al ritrovamento degli oggetti che ormai si erano separati da Patrizia, scivolata più a valle dove poi è stata ritrovata. I bracciali ora li porta al polso Mihaela. La sorella, più piccola, tiene con sé la collana e dorme nella sua camera. «La piccola ha un carattere forte e ha deciso che dedicherà la tesina per l’esame di terza media al racconto del suo rapporto con la sorella». Di questo Mihaela e Ioan sono molto orgogliosi.
Otto mesi dopo la tragedia
È stato naturale per Mihaela da mamma e amica stabilire oggi un rapporto con i coetanei di Patrizia, soprattutto con i ragazzi dell’Accademia di belle arti. «L’altro giorno sono venuti qui i suoi compagni e gli ho preparato il pranzo. Ogni mese ci vediamo e stiamo un po’ insieme. In Romania c’è una sua amica che due volte la settimana va da lei a metterle una candela. Ogni volta che va mi chiama e parliamo di Patrizia».
La chiusura delle indagini ha rivelato cose che Mihaela già sapeva, custodite nel telefono che diventa uno scrigno della memoria, non solo della tragedia, anche dei momenti belli vissuti, tra risate, canzoni cantate a squarciagola e vita di famiglia e amicizia. Ma altri dettagli sono emersi. «Per ora ho solo letto, ma voglio anche sentire le telefonate. Mi ha colpito che è stata così coraggiosa da chiedere lei l’elicottero, aveva capito di essere in pericolo. Chi aveva il dovere di farlo non ha capito che sul fiume Natisone serviva l’elicottero per portarli via. Hanno perso tempo inutilmente con tutti i passaggi di telefonate».
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La famiglia di Bianca
L’altro pomeriggio a casa di Mihaela c’erano anche la mamma di Bianca, Dorica, e la sorella Sabina, che pur nella riservatezza che hanno scelto di mantenere, per la prima volta raccontano cosa provano. «Il dolore è troppo grande per dire anche solo poche parole», ha detto Dorica, che non è riuscita a trattenere le lacrime. «Per sentirla più vicina, mio marito indossa la sua collana, mentre i braccialetti li teniamo uno sul comodino e l’altro in macchina», racconta la mamma della ventitreenne.
Seduta accanto a Dorica c’è Sabina, che racconta di aver appreso quanto accaduto alla sorella cercando su internet, quando ormai alle 18 non le rispondeva al telefono. A raccontare dell’amicizia tra Bianca e Patrizia, è anche la passione della prima, che, dopo il diploma, «nel tempo libero aveva cominciato a disegnare e fare borse, perché voleva diventare una designer». E proprio per l’amica aveva realizzato una borsa blu.
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