Truffe informatiche, chiesti tre anni e dieci mesi per Massimo Minighin: creò il sito del gruppo Venice

La procura di Pordenone gli contesta un «ruolo fondamentale» nelle truffe. Delle 120 querele presentate, in aula dovrà rispondere di circa 40 episodi

Valentina Voi
Il tribunale di Pordenone, dove ieri si è celebrato il processo all’informatico di Venice
Il tribunale di Pordenone, dove ieri si è celebrato il processo all’informatico di Venice

Delle 120 truffe contestate inizialmente, al netto di prescrizioni e difetti di querela, ne sono rimaste in piedi una quarantina. Sufficienti, però, a far chiedere alla procura di Pordenone – nella figura del pubblico ministero Monica Carraturo – una condanna a tre anni e 10 mesi di reclusione e 3 mila euro di multa. Questa, infatti, la richiesta del magistrato nei confronti di Massimo Minighin, pordenonese residente a Fossalta di Portogruaro, accusato, nella qualità di creatore del sito del gruppo Venice, di truffa. Per lo stesso reato era stato condannato (a zero giorni di reclusione, perché già condannato in via definitiva al massimo della pena) l’ex trader Fabio Gaiatto in un diverso filone processuale, perché con rito abbreviato.

Minighin, rappresentato dall’avvocato Cristiano Leone, ha scelto a differenza dell’ex trader il rito ordinario. Il processo, di fronte al giudice Francesca Vortali, ha riunito tre procedimenti penali in cui erano state raccolte tutte le querele per truffa arrivate in procura dopo l’emissione del decreto di citazione a giudizio. Circa 120 episodi di cui, però, solo una quarantina sono sopravvissuti alla prova della prescrizione o del difetto di querela che, per effetto della legge Cartabia, non rende più sufficiente la semplice denuncia.

Carraturo in aula ha sottolineato come Minighin sia «intervenuto nel sistema» del gruppo Venice. Interventi che non sono stati limitati nel tempo ma «sistematici». Considerate aggravanti e continuità, il pm ha chiesto tre anni e dieci mesi di reclusione e 3 mila euro di multa.

È stata quindi la volta degli avvocati di parte civile. L’avvocato Rosa Parenti ha sottolineato il «ruolo fondamentale di Minighin, che non era un mero tecnico informatico». I suoi assistiti, per suo tramite, hanno chiesto un risarcimento pari alle somme investite che vanno dai 6 mila ai 25 mila euro o, qualora la la sentenza non sia immediatamente esecutiva, una provvisionale di 5 mila euro ciascuno. Anche l’avvocato Alfio Cicuto ha sottolineato come Minighin avesse «sviluppato un sito dove vedere giorno per giorno l’andamento positivo» degli investimenti, sito in cui «aveva il potere di inserire dati». Per i suoi assistiti ha chiesto un risarcimento di 116 mila euro. Sulla stessa linea l’avvocato Giulia Grolla per conto dei querelanti seguiti dal suo studio.

Per l’epilogo del processo, di fatto una prosecuzione della prima inchiesta, bisognerà attendere ancora. Solo dopo l’arringa difensiva dell’avvocato Leone, che nel primo processo aveva sostenuto che Minighin si fosse limitato a creare il sito, il giudice Vortali pronuncerà la sentenza. —

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