Ciriani, il Richelieu del governo Meloni: «Niente fretta sul terzo mandato, a San Vito un carcere atteso da 30 anni»

L’intervista al ministro dei Rapporti col Parlamento: dall’appoggio all’Ucraina alle alleanze con il Veneto, uno sguardo sulla politica a 360 gradi

Carlo Bertini
Il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani
Il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani

Dalla politica estera alla giustizia, dal premierato alla nuova legge elettorale, fino ai rapporti tra alleati per le candidature in Veneto e alle regionali, Luca Ciriani, ministro dei Rapporti col Parlamento, considerato il Richelieu del governo Meloni, fornisce indicazioni a tutto campo, senza dimenticare il motivo che lo porta oggi a San Vito al Tagliamento, nei suoi territori, «per inaugurare un carcere modello, opera attesa da trent’anni che si inquadra nella nostra filosofia di giustizia».

Che significato assume questa realizzazione?

«È un’opera attesa da 30 anni e sono soddisfatto che si sia sboccata con il governo Meloni grazie al lavoro di tutto l’esecutivo e anche mio. Liberiamo il vecchio castello medievale di Pordenone che viene restituito alla città. Ma non solo: questa opera rientra nell’ottica del decreto che assegna 250 milioni di euro per l’edilizia carceraria. Noi siamo dell’idea che il sovraffollamento non si risolva con il “liberi tutti” o le scarcerazioni facili, ma con nuova edilizia penitenziaria adeguata ai tempi».

Dal caso di un detenuto al 41 bis nacque la vicenda Cospito. Anche lei ritiene che il sottosegretario Delmastro possa restare al ministero della Giustizia dopo una condanna del genere?

«Sì, perché condivido l’opinione del pm che Delmastro fosse innocente: fino al terzo grado resta tale, quindi può rimanere al suo posto. Abbiamo la brutta sensazione che la sentenza non sia estranea a tutta la temperie politica che ha investito il caso Cospito».

Andrete avanti con la riforma della giustizia in questo clima di scontro?

«Andremo avanti, anche se mi spiace che venga interpretata come un attacco alla magistratura, perché non lo è, è solo un punto del programma e alla fine l’ultima parola sarà del popolo italiano con il referendum. Questo clima infuocato, poi, non lo ha voluto il governo. Avrei preferito un dibattito più pacato senza esasperazioni da parte di una certa magistratura».

E come procederà il premierato? È fermo da otto mesi...

«Perché la Camera ha prima avuto la sessione di bilancio e poi è stata impegnata con la riforma della Giustizia. Tra qualche mese riprenderà l’esame di questa riforma epocale, abbiamo tempo davanti a noi».

E cambierete qualcosa per recepire le obiezioni dei costituzionalisti?

«Non si può cambiare la sostanza della riforma, ma non sono contrario personalmente all’idea di fare qualche apertura rispetto al riconoscimento del ruolo delle opposizioni. Il premierato dà stabilità rispetto alle scelte del popolo, ma saggezza consiglia qualche concessione in più, come lo Statuto delle opposizioni».

Sul punto insoluto della legge elettorale che farete?

«La riforma del premierato porta con sé necessariamente una nuova legge elettorale, perché questo premier eletto deve avere una maggioranza certa in Parlamento. Se la riforma passa, la legge elettorale deve garantire la governabilità, quindi servirebbe un sistema come quello delle regioni: con l’elezione diretta di un premier che si trascina con sé una coalizione che abbia un premio di maggioranza garantito. Se non passa la riforma, l’indicazione di FdI è di varare un sistema elettorale analogo per garantire la governabilità».

In che tempi sarà varata la nuova legge sull’Autonomia?

«A breve sarà approvato un testo di legge delega che assorba le osservazioni della Consulta. Le Regioni possono procedere con le intese per la parte’non Lep’, nulla osta al Veneto da parte nostra».

Diverse regioni andranno al voto, possibile uno slittamento al 2026?

«Non ne abbiamo mai parlato in Consiglio dei ministri, ma non ne vedo le ragioni giuridiche, l’autunno resta quindi la data più probabile».

Per i candidati presidenti, come vi regolerete?

«Siccome in Veneto abbiamo sempre governato insieme, da Galan in poi, non vedo perché essere così sciocchi da fare un regalo alla sinistra. Non era una mia provocazione, noi di FdI siamo molto cresciuti e chiediamo solo di poter proporre i nostri nomi, ma sceglieremo insieme il candidato migliore».

C’è l’ipotesi di un accordo che assegni il Veneto al Carroccio in cambio della candidatura in Lombardia a voi di Fratelli d’Italia.

«Ne sento parlare sui giornali, ma da qui al 2028, quando si voterà in Lombardia, mancano tre anni, che equivalgono a tre ere geologiche. Ribadisco, FdI esprime il premier, ma dal Po in su non amministra nulla e la rivendicazione che facciamo è di avere un peso non sproporzionato al nostro peso politico. Nessuno vuole umiliare nessuno, noi siamo stati leali quando eravamo un piccolo partito, chiediamo di poter ragionare senza che venga considerata lesa maestà».

In Friuli Venezia Giulia si discute di terzo mandato. Se lo approvassero come Regione a statuto speciale, il governo si metterebbe di traverso?

«In questo predico molta calma, perché la fretta è cattiva consigliera. Ora abbiamo impugnato la legge analoga della Campania e aspettiamo il parere della Consulta. Avremo le idee più chiare su ciò che si può e non si può fare. In Fvg c’è tempo si voterà nel 2028, sconsiglio accelerazioni».

Il cambio di posizione Usa su Zelensky, comporterà un cambio di linea dell’Italia?

«Noi rivendichiamo quanto fatto fin qui: abbiamo sostenuto il governo ucraino in questi anni e il fatto che l’Ucraina sia ancora in piedi consente di poter pensare a un accordo di pace. Trump ha un linguaggio ruvido e aggressivo, ma la politica ha le sue ragioni e i suoi canali. Certo, l’Europa va coinvolta nelle trattative. Ma Trump nel suo modo diretto ha detto all’Europa che deve svegliarsi: dopo aver fatto finta per anni che la sicurezza europea fosse un’pasto gratuito’come dicono gli inglesi, ora forse è il momento di investire di più. Condivido il ministro Crosetto quando dice di scorporare le spese della difesa dal patto di stabilità Ue. E su questo punto, spero vi sia una condivisione con le opposizioni, per razionalizzare la spesa e avvicinarsi all’obiettivo Nato del 2 per cento di Pil in tempi ravvicinati». 

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