Le telefonate di aiuto e la catena dei soccorsi: i punti ancora oscuri sulla tragedia del Natisone
La Procura di Udine sta per chiudere le indagini preliminari, venerdì 22 novembre l’incontro con i legali. Il fascicolo aperto per omicidio colposo non è più a carico di ignoti
![Due delle ultime immagini dei tre giovani prima di essere inghiottiti dal Natisone](https://images.messaggeroveneto.it/view/acePublic/alias/contentid/ad78f3b1-6354-414a-8f36-df98893c9167/0/x-1.webp?f=16%3A9&w=840)
Il cerchio tracciato dalla Procura di Udine attorno alla morte di Patrizia Cormos, Bianca Doros e Cristian Casian Molnar, inghiottiti dal fiume Natisone lo scorso 31 maggio, sta per essere chiuso.
Il fascicolo per omicidio colposo non è più a carico di ignoti e a breve le indagini preliminari saranno concluse. A quel punto si conosceranno i nomi degli indagati, il cui numero non è ancora noto.
Da chiarire ci sono eventuali responsabilità di natura omissiva nella catena dei soccorsi (il reato è quello di omicidio colposo, che nel caso di più iscritti nel registro degli indagati diventerà in concorso).
Per avere certezze sulle tempistiche con cui la titolare del fascicolo Letizia Puppa sta conducendo le indagini, venerdì i legali delle famiglie dei tre ragazzi morti nel fiume Natisone hanno chiesto e ottenuto un incontro in Procura.
In mattinata si presenteranno negli uffici di via Lovaria Gaetano Laghi, legali delle famiglie Molnar e Doros, e Maurizio Stefanizzi, avvocato dei Cormos. Ci sarà anche la madre di Patrizia, Mihaela, che ha espressamente chiesto di poter avere un faccia a faccia con la Procura. «L’ha sollecitato più volte», ha ammesso Stefanizzi. Interpellato sulla vicenda, il procuratore capo Massimo Lia ha preferito non aggiungere nulla a quanto già detto nei giorni scorsi, quando aveva ribadito che le indagini non fossero ancora chiuse.
I dubbi ancora da chiarire
Diversi i punti su cui fare luce nella vicenda del Natisone. A cominciare dalle telefonate che uno dei tre ragazzi, Patrizia, ha fatto al Nue 112. La Procura ha a disposizione i tabulati delle telefonate, che potranno essere utili per chiarire se i protocolli per l’attivazione dei soccorsi in caso di emergenza siano stati rispettati. Non solo, va accertato se questi protocolli abbiano mostrato un cortocircuito per un intervento inizialmente considerato non sanitario e poi rivelatosi tale.
Chi e perché ha scelto di attivare i vigili del fuoco e non l’elisoccorso o il soccorso alpino? È uno dei quesiti per cui le famiglie delle vittime vorrebbero ricevere risposta. La prima chiamata di Patrizia al Nue è arrivata alle 13.29, la seconda, non andata a buon fine, qualche minuto dopo. La terza alle 13.36, quando l’acqua aveva già raggiunto un’altezza preoccupante, la quarta alle 13.48. Nel frattempo i vigili del fuoco erano giunti sul posto ma nonostante i vari tentativi, non erano riusciti a raggiungere i tre ragazzi, strettisi nell’abbraccio diventato il simbolo di questa tragedia.
Due gli elicotteri levatisi in volo: alle 14.07 l’elisoccorso regionale da Campoformido, alle 14.03 il velivolo dei vigili del fuoco da Venezia. Entrambi raggiunsero il Natisone troppo tardi, quando Cristian, Bianca e Patrizia erano già stati trascinati via dalla corrente del fiume.
Oltre al ruolo degli operatori del Nue 112 e dei primi soccorritori, resta da definire il ruolo del Comune di Premariacco, e in particolare se abbia fatto tutto il possibile per segnalare i rischi della spiaggetta dove i tre ragazzi si sono fermati per scattare delle foto.
Le domande delle famiglie
«Venerdì saremo in Procura per chiedere certezze sui tempi di chiusura delle indagini preliminari». A dirlo è l’avvocato Stefanizzi, incaricato dalla famiglia di Patrizia Cormos. «Una volta conclusi gli accertamenti in corso – ha aggiunto l’avvocato – avremo accesso agli atti e potremo fare le nostre osservazioni in maniera più dettagliata. Abbiamo una serie di input da dare agli investigatori – ha assicurato – ma lo potremo fare con cognizione di causa solo nel momento in cui leggeremo le carte. Non ci aspettiamo che per venerdì le indagini vengano chiuse, ma chiediamo certezza sui tempi, questo sì».
Stefanizzi ha le idee chiare su ciò che nella vicenda del Natisone non ha funzionato, a cominciare dalle tempistiche dei soccorsi e dalle procedure dei protocolli di emergenza. Dalla prima chiamata effettuata al Nue da Patrizia al momento in cui i tre ragazzi sono stati trascinati via dalla corrente del Natisone, è trascorsa circa mezz’ora.
«Dal nostro punto di vista nella macchina dei soccorsi ci sono stati dei ritardi – ha ribadito Stefanizzi –. Qualcosa non ha funzionato, perché se tutto fosse andato come doveva i tre ragazzi sarebbero ancora vivi. Siamo consapevoli che la situazione è complessa e che il successivo processo sarà lungo e difficoltoso. Ciò che preme alle famiglie delle vittime – ha chiuso il legale – è individuare eventuali responsabilità a carico di singole persone, enti o protocolli».
Da parte sua l’avvocato Laghi, che per primo ha reso noto come il fascicolo sia passato dal modello 44 al modello 21, e cioè da indagati ignoti a indagati noti, ha precisato: «L’ho scoperto, per caso, nelle scorse ore, caricando degli atti, nel portale Giustizia. Si tratta di un’evoluzione abbastanza scontata dell’inchiesta, attendiamo ora di capire quante e quali persone saranno chiamate a rispondere per la morte dei tre amici, posto che la famiglia che assisto si attende giustizia. Sono persuaso che si arriverà presto alla chiusura delle indagini preliminari», ha concluso l’avvocato.
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