Promossi, ma le chirurgie sono un aspetto critico: ecco le pagelle degli ospedali del Fvg
L’analisi di Agenas: standard sufficienti, ma non mancano le bocciature. Numeri bassi anche per l’ortopedia. L’assessore Riccardi: «La causa è la frammentazione del modello organizzativo»
Per le pagelle dell’Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, le strutture ospedaliere del Friuli Venezia Giulia meritano nel complesso una sufficienza piena. Ma, per restare alla metafora scolastica, non mancano le materie da recuperare. Riguardano in particolare le chirurgie (generali e oncologiche) e hanno a che fare, prevalentemente, con il risicato numero di prestazioni erogate. Un effetto della «frammentazione del modello organizzativo» per l’assessore regionale alla Salute, Riccardo Riccardi, che sottolinea come «già con l’esercizio del 2025 sarà necessario assumere quelle decisioni rinviate per trent’anni».
Gli ospedali dei quattro capoluoghi
Il Programma nazionale esiti dell’Agenas ha monitorato le performance assistenziali delle strutture ospedaliere pubbliche e private, anche della nostra regione, venti in tutto. Le mappe ad albero (tree-map) elaborate dall’Agenzia sulla base dell’analisi di un’ottantina di prestazioni, forniscono una visione d’insieme dei livelli d’assistenza nella versione che raggruppa gli indicatori per macro-area. Qualche esempio, analizzando la situazione negli ospedali dei capoluoghi: il polo ospedaliero triestino (Cattinara e Maggiore), fa registrare livelli di aderenza agli standard di qualità medi per gli ambiti respiratorio, osteomuscolari, della chirurgia oncologica e di quella generale; alti per il cardiocircolatorio e i reparti dell’ambito nervoso e molto alto per la nefrologia.
Il Santa Maria della Misericordia vanta standard «alti» per tutti i settori, tranne per l’osteomuscolare, dove il livello è considerato basso. Al Santa Maria degli Angeli di Pordenone le criticità maggiori riguardano le chirurgie, con il bollino rosso (livello molto basso) per quelle generali e arancione (basso) per quelle oncologiche, con valutazioni che si ritrovano, identiche, anche all’ospedale civile di Gorizia, dove però si registrano performance di livello «molto alto» nel cardiocircolatorio, nel nervoso e in nefrologia.
Prestazioni sotto gli standard
Spulciando nelle pieghe del report di Agenas, si scopre come in tutte e quattro le strutture ospedaliere pubbliche dei capoluoghi si registrino volumi di attività sotto la soglia negli interventi di protesi al ginocchio con riammissione dopo trenta giorni.
A Udine è, questa, l’unica insufficienza grave della pagella: al Santa Maria della Misericordia si registrano tuttavia livelli di standard bassi nel trattamento dell’infarto miocardico acuto (il criterio è la proporzione di casi trattati con angioplastica coronarica percutanea transluminale entro 90 minuti: 30 per cento nel capoluogo friulano, la media italiana è del 56 per cento: il capoluogo friulano è nelle retrovie della classifica nazionale) e rispetto all’indice di mortalità a trenta giorni dall’intervento di craniotomia dopo l’intervento chirurgico per ictus cerebrale.
Sono giudicati insufficienti i tempi di risposta forniti ai pazienti che si presentano in ospedale con la frattura del collo del femore: lo standard è fissato a 48 ore, rispettato nel 2023 soltanto nel 31 per cento dei casi. Al polo ospedaliero di Trieste è stato chiesto l’avvio di una procedura di audit sulla qualità dei dati relativi al tasso di mortalità a trenta giorni dopo gli interventi di riparazione di aneurisma non rotto dell’aorta addominale. A Gorizia livelli molto bassi negli standard dei ricoveri con degenza post operatoria inferiore a tre giorni per la colecistectomia laparoscopica (“bocciato” anche il Santa Maria degli Angeli di Pordenone) e nel rispetto dell’indice di mortalità a trenta giorni dopo l’operazione per tumore maligno al colon.
Le prospettive
«La nostra è una Regione che ancora garantisce i livelli di assistenza essenziali con indici sopra le soglie di riferimento», commenta Riccardi, che evidenzia come i bollini rossi assegnati dal monitoraggio annuale dell’Agenas, «a partire da quelli dell’oncologia, sono legati alla frammentazione del modello organizzativo. Per centrare gli standard è necessario concentrare alcune prestazioni, a maggior ragione in una fase storica in cui la sanità fa i conti con la carenza di personale medico». Per l’assessore «i tempi sono maturi per un cambiamento. Siamo ancora oltre la sufficienza rispetto alle valutazioni delle prestazioni, ma non possiamo sederci davanti a quella che è stata una resistenza del sistema».
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