Sanità, in Fvg in quattro anni aumentate del 44% le richieste di esami: molti non sono necessari
L’assessore alla Salute Riccardi: «Le Aziende stanno verificando l’appropriatezza delle prestazioni»
Negli ultimi quattro anni il sistema sanitario regionale ha registrato un aumento di prescrizioni del 44 per cento. Un dato elevato che richiede una verifica sull’appropriatezza della domanda. Non è la prima volta che l’assessore regionale alla Salute, Riccardo Riccardi, invita a riflettere su questo aspetto perché – queste le sue parole – «se immaginiamo di correre dietro alla domanda aumentando l’offerta non ce la faremo». Al tema sollevato, venerdì 25 ottobre, a Udine, dall’assessore nel corso del convegno “La Gastro incontra i medici di medicina generale 2.0”, le Aziende sanitarie snocciolano qualche dato e le sorprese non mancano.
Un esempio per tutti è la verificata fatta dall’Asfo di Pordenone: dal 2019 al 2023, l’azienda ha registrato «un aumento di richieste di risonanze magnetiche muscoloscheletriche del 58 per cento, almeno nel 50 per cento dei casi sono prescrizioni indotte. Ovvero – spiega il presidente della Fimmg regionale, Ferdinando Agrusti – sono state richieste da figure diverse dai medici di medicina generale».
La situazione
Senza voler accusare nessuno, il mondo della sanità si interroga. Il tema è delicato. C’è chi come il responsabile del corso di formazione Cerfomed, Fabrizio Gangi, invita a non parlare di «inappropriatezza della domanda limitandosi al numero delle prescrizioni effettuate» e suggerisce di «conteggiare gli esami fatti per andare poi a vedere se l’indicazione era appropriata e se l’esito è corretto». Per meglio chiarire il suo concetto Gangi fa qualche esempio: «Se chiedo una colonscopia e il paziente torna e mi invita a cambiare la priorità, devo rifare la richiesta e quindi sono due prescrizioni». Gangi pensa ai giovani colleghi, i quali «non avendo il mio stesso carisma non riescono a imporsi se lo specialista chiede ulteriori approfondimenti». Cosa assai frequente soprattutto se lo specialista svolge l’attività in forma privata.
Dopodiché, continua Gangi c’è chi si stanca di attendere l’appuntamento e rinuncia all’esame o «c’è il caso della giovane dottoressa subentrata dopo diverso tempo a un collega pensionato che, per ricostruire le singole posizioni ha dovuto far fare una serie di esami ai suoi assistiti, superando così il budget mensile». Altrettanto prudente si dimostra il presidente dell’Ordine dei medici di Udine, Gianluigi Tiberio, secondo il quale «il Ssn merita di essere mantenuto applicando regole certe».
In questo modo si tranquillizzano anche i pazienti, i quali non sempre si accontentano di un parere, cambiano specialista e si ritrovano a doversi sottoporre ad altri esami. Le domande da porsi sono molte: complice la mancanza di personale, il sistema rischia di non riuscire più a reggere. Anche il calo dei sanitari è tutt’altro che arginato, alla fuga nel privato si unisce la fuga oltre oceano. Un caso per tutti è quello delle cliniche di Dubai disposte a pagare anche 20 mila euro un medico giunto dall’Italia. Difficile anche per il professionista più integerrimo non farsi tentare da queste cifre. Intanto il presidente della Fimmg regionale invita a ragionare sulla Rao, il metodo messo a punto dal ministero per ogni specialità, al fine di verificare quali criteri sono stati rispettati.
L’assessore
In questo contesto, spiega l’assessore, «diventa opportuno immaginare quale pezzo di responsabilità possiamo ricavare dalla cooperazione del sistema, indagando sulle ragioni dell’inappropriatezza per evitare disuguaglianze nell'accesso alle cure». Riccardi senza colpevolizzare alcuno, ribadisce la necessità di comprendere il fenomeno non solo per quel che riguarda «il rapporto paziente-medico, bensì tutta la società, nella cui evoluzione hanno giocato un ruolo di peso i social network e la loro capacità di fornire risposte immediate e semplificate. Gli strumenti tecnologici non potranno, però, mai sostituire il dialogo e le competenze del personale sanitario».
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