Scoperta la chat di Giulio Regeni con un’amica: «In Egitto clima di repressione»

Udienza a Roma sugli 007 al Cairo. Papà Claudio: non è mai stato alle dipendenze di alcun Paese

Elly Schlein assieme a Paola Deffendi e Claudio Regeni, i genitori di Giulio
Elly Schlein assieme a Paola Deffendi e Claudio Regeni, i genitori di Giulio

«Qui c’è moltissima repressione politica e vivo tenendo un profilo molto basso, sono contento di potere tornare a Cambridge». Sono le parole che Giulio Regeni ha scambiato, via chat, con una sua amica di infanzia il 16 gennaio del 2016, pochi giorni prima che venisse sequestrato e poi brutalmente ucciso.

Il racconto è stato fatto dalla donna in aula, davanti alla corte d’assise di Roma, dove si sta celebrando il processo a carico di quattro 007 egiziani accusati anche di avere torturato il ricercatore italiano. La teste ha raccontato anche del suo ultimo incontro con Giulio. È avvenuto a Natale del 2015 a Fiumicello.

«Ci siamo visti, mi ha raccontato della sua ricerca al Cairo, che stava passando molto tempo con i venditori ambulanti, che teneva un profilo molto basso, che era molto stancante – ha raccontato l’amica che oggi fa la ricercatrice all’estero -. Conosco Giulio da quando siamo piccoli, poi abbiamo frequentato lo stesso liceo e siamo diventati amici. Lui sapeva coltivare i rapporti con la famiglia e con gli amici e conduceva una vita da studente con un budget limitato».

Nel corso dell’udienza è stato sentito anche il padre del giovane ricercatore morto a 28 anni. Rispondendo alle domande del procuratore aggiunto Sergio Colaiocco, Claudio Regeni ha voluto sgombrare, ancora una volta, le ombre su possibili “ruoli” svolti dal figlio per conto di autorità italiane o estere.

«Il sogno di Giulio era rendersi indipendente e trovare un lavoro che valorizzasse le sue capacità – ha detto –. La sua grande passione era lo studio: non è mai stato alle dipendenze di autorità italiane, inglesi ed egiziane. Non hai mai neanche collaborato».

Nel corso dell’audizione, il papà di Giulio ha raccontato del figlio e della sua vita. «Era appassionato di materie umanistiche, parlava bene l’inglese, l’arabo, il tedesco e stava studiando anche il francese. Fin da piccolo ha viaggiato con noi intorno al mondo». In aula sono state mostrate foto dell’adolescenza di Regeni e il procuratore aggiunto ha chiesto anche dello stile di vita.

«Viveva in modo non sfarzoso, vestiva in modo casual – ha detto il padre –. Dopo la sua morte, sul conto corrente che avevamo cointestato c'erano poco più di 1.400 euro. Poi aveva un conto corrente presso una banca inglese per le spese quando viveva in Inghilterra. Su questo c’erano versamenti della società Oxford Analytica dove aveva lavorato, qualche piccolo rimborso dall'università di Cambridge per il dottorato. Il saldo era di circa 6 mila sterline (più o meno 7 mila euro al cambio di ieri ndr)».

Sulla vicenda Regeni è tornato anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. «Non rinunciamo alla ricerca della verità». Dal canto suo la segretaria del Pd, Elly Schlein, si è recata davanti alla cittadella giudiziaria per manifestare solidarietà ai genitori del ricercatore.

«Siamo al loro fianco – ha detto –. Questo è un processo importantissimo e una questione che riguarda la nostra Repubblica. Non dobbiamo dimenticare che questo processo ha incontrato enormi ostacoli anche per i rapporti con l’Egitto».

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